Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
Hacker dei quotidiani Alt ai canali Telegram
Sequestro preventivo della Procura di Bari. Fra i reati contestati il riciclaggio, la ricettazione e la violazione del diritto di autore. Intanto i lettori abusivi aumentano
Migliaia di copie pirata di riviste, giornali e libri venivano diffuse illecitamente attraverso canali Telegram provocando un danno all’editoria di 670mila euro al giorno. È la stima della Procura barese che ha disposto l’oscuramento di 19 canali.
BARI Giornali, libri e riviste, tutelati dal diritto di autore, messi a disposizione sui canali Telegram «gratuitamente o pagando pochi euro al mese». La violazione ha provocato danni per 670mila euro al giorno corrispondenti a circa 250 milioni di euro all’anno «giacché gli utenti iscritti ai canali in argomento sarebbero circa 580mila, in aumento nel periodo di diffusione del virus covid 19 e con un incremento dell’ 88 per cento delle testate diffuse illecitamente».
È uno stralcio del provvedimento di sequestro preventivo di urgenza di 19 canali Telegram disposto dalla procura di Bari ed eseguito ieri dalla guardia di finanza: i reati contestati sono riciclaggio, ricettazione, accesso abusivo ad un sistema informatico e telematico, furto e violazione della legge sul diritto di autore. Sono in corso le operazioni di oscuramento dei canali.
L’inchiesta, coordinata dal procuratore aggiunto Roberto Rossi, è nata in seguito alla denuncia della Federazione Italiana Editori Giornali (Fieg) sul fenomeno della pirateria digitale presentata il 10 aprile scorso all’Autorità per la Garanzie nelle Comunicazioni (Agcom). Il provvedimento riguarda persone ancora in corso di identificazione che «in concorso tra loro si sono abusivamente introdotte nei sistemi informatici di numerose società editrici di riviste, giornali e libri protetti da misure di sicurezza e hanno sottratto migliaia di file in formato pdf di riviste, giornali esercitando in forma imprenditoriale l’attività di riproduzione e di distribuzione. In particolare - spiegano gli inquirentidistribuivano, trasmettevano e diffondevano» riviste, giornali e libri «immettendoli in decine di canali Telegram, liberamente accessibili al pubblico». I contenuti diventavano fruibili dagli utenti iscritti ai canali Telegram o in maniera del tutto gratuita o pagando pochi euro al mese».
Il fenomeno rilevato - è scritto nel provvedimento avrebbe assunto proporzioni talmente vaste e preoccupanti da indurre la Fieg a chiedere all’Agcom la sospensione di Telegram proprio per evitare la diffusione di riviste e quotidiani “piratati”, tenuto conto che l’illecito provocherebbe gravi danni economici a tutta l’industria del settore; editori, giornalisti, distributori, stampa, poligrafia ed edicolanti».
I sequestri della guardia di finanza sono stati eseguiti nei confronti delle email «dei rappresentanti legali della società che gestisce Telegram perché inibiscano immediatamente l’accesso ai canali incriminati ovvero rimuovano i files».
L’applicazione Telegram «risulta sviluppata dalla Telegram Llc con sede a Dubai, società nota per proteggere i dati e la privacy degli utenti e per questo allo stato attuale -spiega la procura - non sono identificabili gli amministratori dei singoli canali e non vi sono elementi per poter affermare che i rappresentanti legali di Telegram siano consapevoli dei contenuti illeciti dei canali indicati», ma «dal momento che vi sia stata conoscenza del provvedimento, saranno consapevoli della eventuale prosecuzione dei reati, con le possibili ovvie conseguenze». Spiegano ancora gli inquirenti che «i riscontri finalizzati all’identificazione del soggetto titolare del canale, al quale ricondurre la responsabilità circa l’illecita immissione del file “piratato” hanno dato esito negativo, in quanto sia il titolare del canale che gli iscritti non sono identificabili in alcun modo, né tantomeno è stato possibile identificare il soggetto che ha inserito i contenuti digitali nel canale».
Le indagini proseguono in ogni direzione perché «la commissione dei reati è ancora in itinere mediante l’utilizzo dei canali Telegram e altri che vengono sistematicamente aperti con nomi diverse ma con le stesse finalità - concludono gli inquirenti - e non vi è dubbio che un fenomeno delle dimensioni di centinaia di milioni di euro di danno presenta poi una gravità particolare perché incide sulla tutela costituzionale della libertà di pensiero».