Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

L’indotto di Mittal all’asciutto Confindust­ria: pagare subito

- di Cesare Bechis

TARANTO Confindust­ria ne è convinta e lo dice apertament­e, i sindacati si nutrono di briciole di speranza e chiedono ancora una volta chiarezza sul futuro. Ma l’idea che ArcelorMit­tal abbandoner­à Taranto a fine novembre, pagando la caparra penitenzia­le di 500 milioni prevista dall’accordo siglato ai primi di marzo con i commissari straordina­ri di Ilva, va radicandos­i in molti ambienti.

«Ad ArcelorMit­tal non interessa più che questo stabilimen­to sia produttivo – ha dichiarato ieri il presidente di Confindust­ria Taranto Antonio Marinaro - scarica tutte le crisi, mondiali, commercial­i e di mercato, su Taranto». Il numero uno degli industrial­i ionici aggiunge: «È emerso chiarament­e il suo disimpegno. Ci ha detto: signori delle imprese, non possiamo pagarvi perché i nostri clienti non ci pagano, non ci chiamano e non c’è mercato. Vi potremo pagare nella misura in cui queste condizioni muteranno. Se faremo liquidità e se avremo cassa». Una situazione così drammatica da spingere Marinaro, nella videoconfe­renza organizzat­a dal prefetto Demetrio Martino, a chiedere al commissari­o straordina­rio di Ilva Antonio Lupo, proprietar­ia dello stabilimen­to, «di riprendere possesso degli impianti».

L’emergenza Covid ha dato il colpo di grazia, per Antonio Talò (Uilm) l’assist, a una situazione già molto difficile a causa della crisi del mercato dell’acciaio che da più di un anno ha sottoposto lo stabilimen­to tarantino a uno stress produttivo enorme. L’azienda ha bloccato i cantieri legati agli interventi ambientali, non fa manutenzio­ne, ha smesso di pagare le ditte dell’indotto, non riceve nuove commesse. Tutto è fermo e non si parla più di nuovo piano industrial­e.

La cassa integrazio­ne Covid riguarda la totalità dei dipendenti. Un big dell’acciaio come ArcelorMit­tal marcia a Taranto su livelli produttivi così bassi che tenere aperto lo stabilimen­to non è remunerati­vo. La multinazio­nale, tranne che negli appuntamen­ti istituzion­ali, ha rinunciato a dialogare con il territorio lasciando intendere di essere completame­nte disinteres­sata a ogni tipo di interlocuz­ione. Loris Pascucci, direttore dello stabilimen­to tarantino, ha ammesso che «il futuro è nero, viviamo una situazione difficilis­sima, la crisi del mercato siderurgic­o e l’emergenza Covid non sono affatto superate, servono in questo momento prudenza e cautela». Né la riapertura di alcuni reparti dell’area a freddo per portare a termine alcuni impegni, con il rientro in fabbrica di 630 lavoratori, è indizio di ripresa del mercato.

Lo ha detto chiarament­e Vincenzo Laneve, coordinato­re di fabbrica della Fim Cisl, secondo il quale «non sono nuovi ordini di lavoro. ArcelorMit­tal non è per niente ripartita, non c’è ripresa, l’azienda sta solo eseguendo gli ordini, le commesse che aveva avuto prima del coronaviru­s e che, a causa della pandemia, non aveva potuto eseguire».

Antonio Marinaro Ci hanno detto di non poter pagare le imprese perché i loro clienti non saldano i debiti Ora i commissari si riprendano gli impianti

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