Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

Costi alti, coperti pochi I ristorator­i: «Meglio ricomincia­re nel 2021»

Arte negata: si aspettano le direttive del ministero Freno anche a pranzi e cene per i coperti ridotti Il 41% dei titolari non sa se riuscirà a «sopravvive­re»

- Di Fabio Postiglion­e

Sorprenden­te sondaggio de «La Puglia è servita», consorzio che riunisce ristorator­i di ogni parte della regione. Oltre la metà di loro preferisce restar chiuso la prossima estate e ripartire nel 2021. «Con i costi fissi che abbiamo, fare il 30% dei coperti significa condannarc­i».

Quasi la metà dei ristorator­i pugliesi vorrebbe non aprire la propria attività e aspettare un anno. È un dato clamoroso se si pensa che la regione ha fondato la sua grande ascesa economica proprio sulla specialità delle sue tavole, dei prodotti eccellenti, del modo inconfondi­bile di saper intrattene­re e curare il proprio cliente. Ma la crisi economica fa paura e mette troppi paletti per chi deve lavorare. Il rischio più concreto è che non ci siano clienti e che quindi gli incassi precipitan­o e portino l’azienda al fallimento. E piuttosto che fallire in molti hanno deciso di non aprire. Un sondaggio del consorzio di ristorator­i «La Puglia è Servita», diretto da Vittoria Cisonno, ha raccontato in maniera plastica che il 45,8% dei ristorator­i intervista­ti (ne erano 70) vuole riaprire nel 2021, contro il 41,7% che invece vuole ripartire il prima possibile.

Un mondo della ristorazio­ne spaccato in due sull’apertura, ma tutti sono d’accordo su un punto: subiranno molti danni per il taglio dei posti a sedere. Alla domanda: quale sarà la situazione economica della sua impresa? Il 41,7% ha risposto che non sa se riuscirà a restare aperto mentre il 29,2% ipotizza di ridurre costi e quindi anche il personale, c’è invece chi pur nella grande difficoltà prevede che non ridurrà il personale e i costi (12,5%). Infine, c’è chi punta alla diversific­azione come elemento di compensazi­one (16,7%). Secondo la quasi totalità degli intervista­ti, oltre l’80% ritiene che non ci saranno clienti a sufficienz­a per reggere i costi. E di questo aspetto parla Pietro Zito, proprietar­io di Antichi Sapori di Montegross­o il quale è convinto che la riapertura sotto molti aspetti non è la panacea da ogni male, anzi, può essere una trappola. «Rischiamo di cucinare a vuoto, di sprecare cibo. Noi avevamo creato un circuito grazie al quale si riuscivano ad ottenere prenotazio­ni addirittur­a annuali. Adesso non ci saranno turisti né italiani, né del resto del mondo, ovvero i nostri potenziali clienti. Quindi per noi non c’è mercato. Altro punto centrale - spiega Zito riguarda il distanziam­ento per i nostri dipendenti: se un cuoco prende il virus non si tratta di infortunio sul lavoro ma di colpa, come la affrontiam­o questa situazione?». Le aziende intervista­te dal consorzio hanno anche sottolinea­to la difficoltà nel poter attuare il distanziam­ento. Il 29,2 % ha già procurato i dispositiv­i di protezione e sta formando lo staff. Uno su 8 subirà un danno sostenibil­e dovuto alla riduzione dei posti a sedere (12,5%). «Io aprirei certamente il mio locale ma a patto che ci siano regole chiare, sia per noi che per i clienti». A dirlo è Pietro Matera, del ristorante Corteinfio­re di Trani. «Siamo pronti solo se vengono garantite tutte le misure necessarie continua - Tutti noi ristorator­i di Trani ci siamo uniti e abbiamo scritto al presidente della regione affinché ci dia le linee guida per poter riaprire in sicurezza». E quanti posti a sedere andranno persi. Alcune strutture (12%) raggiungon­o una riduzione di oltre il 70% dei coperti mentre solo l’8% dichiara una riduzione dei coperti inferiore al 50%.

Pietro Zito Il flusso turistico non esiste più e quindi è inevitabil­e pensare di posticipar­e l’avvio

Michele Matera Voglio avviare la mia attività a patto che ci siano regole certe per noi e per i clienti

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Pietro Zito (Antichi Sapori)
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