Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
Il salvadanaio solidale Da Roma alla Puglia così la politica può farsi benvolere
Non è facile, ma un conto alla buona si può fare. Salta fuori così che qualora consiglieri regionali e parlamentari della Puglia decidessero, in questi tempi magri, di dedicare attenzione agli altri, che poi sono anche i loro elettori, riuscirebbero a materializzare un gruzzolo appetibile per alleviare le sofferenze di quanti non riescono a sbarcare il lunario. Alla grossa (e probabilmente sbagliando, per difetto) parliamo di una cifra vicina ai 9 milioni di euro.
Il calcolo non è difficile. Per la Regione, fra presidente assessori e consiglieri spendiamo 7 milioni 600 mila euro ogni anno: 5 milioni per le indennità di carica mentre a 2 milioni 600 mila euro ammontano le spese per l’esercizio di mandato. Se stabilissero di versare il 50 per cento di questi introiti per il bene della comunità amministrata e, come stanno le cose, depredata della propria vita, 3 milioni 800 mila euro finirebbero in questo salvadanaio della solidarietà. Quanto ai sessantadue parlamentari del tacco d’Italia, incassano annualmente 9 milioni 672 mila euro, tenendo conto che mediamente un rappresentante del popolo porta a casa tutti i mesi 13 mila euro. Il 50 per cento vale esattamente 4 milioni 836 mila euro. Giacché come direbbe Totò è la somma che fa il totale, il tesoretto accumulato sarebbe pari a 8 milioni 636 mila euro.
Nell’epoca della pandemia, non saremmo inondati da un mare di quattrini. Quelli non bastano mai. Ma per quanto il malloppo raggranellato sia paragonabile alla classica goccia, crediamo che possa contribuire ad alleviare i disagi di quanti, e non sono pochi, non riescono a mettere insieme il pranzo con la cena. Senza dimenticare che la Casta darebbe un segnale tutt’altro che ridicolo o populista.
Sarebbe un atto di beneficenza, piuttosto. Potrebbe valere più di qualsiasi espressione di attenzione nei confronti dei più deboli. Avrebbe un’anima la maniera per stare dalla parte di quelli che non vincono.
A pensarci bene, più che di beneficenza si tratterebbe di decenza. Visto che gli eletti continuano a incassare lauti compensi senza affannarsi più di tanto nelle celebrate aule dove si esercita (o dovrebbe essere esercitata) la democrazia, ormai sostituita dall’acronimo «dpcm». Sarebbe il modo migliore di fare del bene, esorcizzando una volta per tutte l’ipocrisia schifosa che, fra un provvedimento amministrativo e l’altro, sta riempiendo queste settimane di passione. Buona soltanto per animare i talk show, non per rianimare chi ancora aspetta di incassare i soldi della cassa integrazione. La gente la adora, la decenza.