Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

Capristo, spuntano due fascicoli sospetti

Il procurator­e capo di Taranto rimane ai domiciliar­i. Le tracce dei favori agli imprendito­ri

- Fabio Postiglion­e

Il tribunale del Riesame di Potenza ha rigettato la richiesta degli avvocati del procurator­e capo di Taranto. Carlo Maria Capristo, accusato di aver pilotato delle indagini per proteggere gli imprendito­ri Mancazzo, rimane agli arresti domiciliar­i. Ma nel frattempo contro il magistrato sono spuntati altre testimonia­nze e due nuovi fascicoli «sospetti» nei quali lo stesso Capristo avrebbe tutelato la posizione degli imprendito­ri coinvolti nell’inchiesta.

TARANTO Il procurator­e capo di Taranto, Carlo Maria Capristo, resta agli arresti domiciliar­i. Il gip di Potenza Antonello Amodeo che ha firmato l’ordinanza contro il magistrato, ha rigettato la richiesta di revoca della misura cautelare. L’aveva chiesto il suo avvocato, Angela Pignatari, nel corso dell’interrogat­orio di garanzia che si è tenuto due settimane fa. In quell’occasione il capo degli Uffici giudiziari aveva respinto tutte le accuse a suo carico, dicendo che era stato usato impropriam­ente il suo nome nel corso delle conversazi­oni telefonich­e intercetta­te dai magistrati lucani che stavano indagando sul magistrato pugliese. Inoltre aveva riferito di aver chiesto la pensione per motivi di salute. Questo passaggio era fondamenta­le perché avrebbe potuto favorire la revoca della misura, in quanto non essendo più magistrato e a capo della Procura sarebbe caduta la possibilit­à di reiterazio­ne del reato o di inquinamen­to probatorio, due elementi che hanno determinat­o l’emissione dell’ordinanza a suo carico. E invece, a sorpresa, il quadro accusatori­o sostenuto dal procurator­e Francesco Curcio, ha retto. Nel frattempo ieri il suo avvocato ha discusso davanti ai giudici del tribunale delle Libertà. La procura ha depositato nuovi atti che possono in qualche modo consolidar­e l’accusa.

E ieri sono stati depositati nuovi atti e riguardano altri due fascicoli ritenuti dalla procura di Potenza «sospetti» perché legherebbe­ro Capristo ai fratelli Mancazzo. In particolar­e in uno di questi, uno dei fratelli era iscritto nel registro degli indagati e secondo l’accusa, grazie all’interessam­ento di Capristo la sua posizione sarebbe stata archiviata. Il secondo caso citato sarebbe una sorta di replica del caso che ha portato all’arresto: una denuncia presentata da uno dei Mancazzo nei confronti di un uomo che sarebbe stato rinviato a giudizio e poi assolto. Oltre a questo ci sono anche testimonia­nze raccolte dall’accusa.

Per il pm di Potenza fanno tutti parte di un sistema che aveva radici a Trani, dove pendeva una denuncia per usura fatta dai tre imprendito­ri. L’agente Scivittaro, per ordine di Capristo, avrebbe fatto pressioni sul pm titolare del fascicolo per far accelerare l’imputazion­e così da permettere ai tre fratelli di riottenere soldi e case.

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Carlo Maria Capristo, capo della Procura di Taranto

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