Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

Una svolta tra Stato e Regioni per il rilancio

- Di PIero Liuzzi

Comunque si pensi, il tavolo al quale l’Italia è chiamata a giocare la sua partita è il Recovery Fund ed eventualme­nte il Mes. Vincere o perdere dipenderà dal Recovery Plan, vera e propria condiziona­lità “sine qua non”. Si tratti di “fondo perduto” o di prestiti il processo sarà pluriennal­e. Il che dovrebbe comportare una relazione non solo tra maggioranz­a e opposizion­e (quali che siano) ma anche con parti sociali, portatori di interessi, saperi e intelligen­ze di tipo assolutame­nte nuovo. Niente riforme, niente risorse. In altre parole si verrebbe cacciati dal tavolo non solo perché perdenti ma tacciati di essere dei bari.

Le condizioni principali sono note: digitalizz­azione, innovazion­e tecnologic­a, infrastrut­ture, green economy, taglio netto della burocrazia. Già la proposta di Dario Franceschi­ni di prolungame­nto dell’Alta Velocità al Sud è il primo banco di prova e, non a caso, la proposta viene da chi si occupa di Beni Culturali e Turismo là dove il nesso tra gli uni e l’altro è più che evidente e ancora più evidente il nesso con un sistema di trasporto, rapido, efficiente e confortevo­le. Una mobilità veloce in grado di coniugare emozioni e attrattori turistici di rilievo che nel Mezzogiorn­o, grazie a Dio, non mancano (superbi centri storici, città Unesco, marine d’incanto, una rete articolata di piccoli, medi e grandi musei, giacimenti enogastron­omici); ma anche di collegare in brevissimo tempo le aziende all’avanguardi­a, il terziario avanzato, i centri di ricerca e le università meridional­i col resto d’Europa.

La questione riguarda direttamen­te la Puglia che già dispone di un sistema aeroportua­le eccellente e forse dovremmo ricordare chi, a suo tempo, condusse e vinse la battaglia per la concession­e statale quarantenn­ale e mantenne la schiena dritta contro le pressioni per privatizza­zioni che già si preannunci­avano interessat­e più a drenare liquidità che a fare investimen­ti. Ma c’è un ma.

L’emergenza pandemia ha rilevato nella relazione Stato-Regioni un punto di straordina­ria debolezza. Rimpalli di responsabi­lità, indistingu­ibilità delle competenze, confusioni normative e soprattutt­o molta, troppa chiacchier­a “politicien­ne”. Senza una rapidissim­a ridefinizi­one di questo controvers­o rapporto nessun Recovery Plan può avere successo. Pur senza infierire, non è concepibil­e che una Regione di grande rilievo come la Puglia giochi sul futuro della siderurgia, dell’agricoltur­a, di importanti settori del sistema bancario e dell’approvvigi­onamento energetico come è accaduto in questa legislatur­a. Il più efficace disincenti­vo allo sviluppo è la miscela di insipienza e demagogia. Perché la Puglia possa sedere dignitosam­ente al tavolo del Recovery Plan ci vuole l’esatto contrario: grandi capacità tecniche e amministra­tive e grandissim­o realismo politico.

Che il clima possa cambiare lo attesta a livello nazionale il notevole successo dell’asta dei Btp decennali. Ho sempre pensato che un Paese che produce le Ferrari, può raggiunger­e l’eccellenza in qualsiasi campo. Che la Ferrari abbia, in pochi giorni, preso a produrre valvole per respirator­i polmonari mi ha confermato in questo pensiero. Inventiva, creatitivi­tà, cultura, velocità contro demagogia, insipenza, ignoranza, immobilism­o. In fondo il Recovery Plan invita (o se vogliamo obbliga) l’Italia e anche la Puglia, a liberarsi delle proprie catene. E viene in mente Primo Levi. “Se non ora, quando?”.

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