Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
SOTTO GLI ULIVI (ANCORA) NIENTE
Adesso la xylella insidia la provincia di Bari, e a Locorotondo un maestoso ulivo è stato abbattuto dopo i primi segni di ammaloramento. È l’ennesimo taglio di piante infette, motivato come l’unico modo per salvare gli uliveti. Dunque, per ogni pianta attaccata dalla terribile farfallina, ecco il salvifico eradicamento, come si dice in termini pseudo-neutri, per celare che in sostanza l’ulivo malato è morto senza cure. Qui la logica non torna: se per una qualunque infermità dovessimo sopprimere chi ne sia affetto, avremmo già ridotto quasi a zero l’umanità, in nome della sua salvaguardia dal male. Non è stato e non così nel Paese, con il Covid-19, né è questa l’etica di qualsiasi medico. È arrivato il momento di chiedere conto di questi abbattimenti di piante per ogni segno di xylella. Non si sono salvati così gli uliveti da Ugento in su, dopo anni di immobilismo politico, e non si salveranno le nostre distese di ulivi monumentali, se il male si approssimerà alle loro fronde.
Come sempre il problema è politico, perché l’olivocultura è un filone fra i più ricchi e più qualitativi della Puglia; aspettare un miracolo, fra un taglio e mille altri ancora, significa solo rischiare di mutilare, se non cancellare, quel ganglio millenario di agricoltura e di frantoi che ha dato alla regione redditi e paesaggi irripetibili, oltre che un olio di oliva ad alto indice gastronomico e salutistico. A questo punto è necessario fare una riflessione. Perché i tagli non hanno tagliato il male? E perché la sostituzione delle piante malate con specie immuni al batterio della xylella non è ancora un progetto di larga scala, finanziato dalla Regione e dai fondi europei già a disposizione?
Nei discorsi elettorali non se ne parla nemmeno, e l’insediamento di cultivar immuni è avvenuto quasi solo per mano di privati di larghe vedute. Ma il Barese ora è in bilico, e non abbiamo attendibili strumenti né prognostici, né – tantomeno – terapeutici. È molto strano che in una terra come la Puglia, con tre università pubbliche e con un avanzato politecnico, non siano stati avviati laboratori di analisi e di lotta all’infezione, adeguatamente attrezzati e in grado di concrete metodiche scientifiche di risanamento delle piante malate e di prevenzione per quelle sane. Si fa presto a giocare con il binomio colori/sapori; alla fine resta il cinico rumore delle macchine da taglio. Urge invece la scienza al servizio dello sviluppo, e urge anche un’inedita dote di fantasia politica.