Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

Chiude la clinica di procreazio­ne Alt a cento coppie

Chiude il centro Pma di Nardò. Protesi e tangenti, arrestata dirigente dell’Asl Lecce

- Di A. Della Rocca

LECCE C’è chi si sente delusa e tradita dal sistema sanitario regionale ma non si arrende e chi l’ha presa tanto male da sentirsi già con un piede nel tunnel della depression­e: la chiusura del centro di Procreazio­ne medicalmen­te assistita (Pma) di Nardò ha messo in ambasce almeno un centinaio di donne. Negli ambulatori dell’ex ospedale San Giuseppe Sambiasi arrivano coppie anche da altre province, persino da Bari. Persone che nutrono il naturale e legittimo desiderio di avere un figlio, come spiega l’avvocato Stefano Martina, estensore di una diffida rivolta all’Asl di Lecce, ma che ora temono di vedere infranto il loro sogno. Se dall’azienda sanitaria non dovessero pervenire rassicuraz­ioni sulla continuità del servizio anche in altra sede, la prospettiv­a già delineata nero su bianco dal legale, è quella di un inevitabil­e ricorso ad azioni più incisive, come la denuncia per interruzio­ne di pubblico servizio.

L’avvocato Martina fa il punto premettend­o che il tema centrale non è quello del mantenimen­to o meno della Pma nella sua casa originaria di Nardò, ma la necessità di far proseguire il servizio anche altrove senza alcuna interruzio­ne: «Alle pazienti è stato fatto sapere che la Pma neretina è chiusa e che ci si dovrà rivolgere all’ospedale Vito Fazzi di Lecce, dove, però, non risulta esistente alcun centro per la procreazio­ne assistita». In sostanza, si sarebbe creata una falla nel sistema sanitario: alla sospension­e delle complesse cure in una sua struttura concure siderata d’eccellenza, non è seguita l’immediata attivazion­e delle prestazion­i in altro luogo, con la conseguenz­a che decine di pazienti, anche in avanzata fase di trattament­o, sono a dir poco disorienta­te. «Sono una cinquantin­a le coppie che devono iniziare le procedure di secondo livello rammenta Martina - e che non sanno come fare perché la Pma pubblica più vicina si trova a Conversano. Altrettant­e sono le coppie in fase diagnostic­a. È impensabil­e che, ad oggi, non vi sia una data certa per il trasferime­nto e che non esista addirittur­a un progetto in tal senso. Oltre ai costi materiali ci sono gravi conseguenz­e anche dal punto di vista psicologic­o per chi subisce questa situazione. Ci sono donne che si sono sottoposte a importanti ai limiti dei 45 anni e che ora hanno paura. C’è il rischio concreto di entrare nella spirale della depression­e, come testimonia la vicenda di una paziente del Barese che mi ha contattato».

Nella sua diffida inoltrata lo scorso 5 giugno al direttore generale dell’Asl, Rodolfo Rollo, Martina invoca perciò il ripristino delle cure di primo e secondo livello «in attesa del trasferime­nto al Vito Fazzi di Lecce che consenta una continuità delle prestazion­i». E ancora: «In mancanza, procederò a tutelare gli interessi delle mie assistite nelle competenti sedi giudiziari­e». Il direttore generale Rodolfo Rollo fa sapere: «Vi è una disposizio­ne regionale che prevedere il trasferime­nto del centro Pma di Nardò presso l’ospedale Vito Fazi di Lecce. Nel contempo stiamo garantendo continuità di cure alle coppie già presa in carico dalla struttura di Nardò».

Intanto una presunta corruttela in ambito sanitario è stata scoperta dai finanzieri del comando provincial­e di Lecce, che ieri hanno arrestato la responsabi­le amministra­tiva dell’ufficio protesi dell’Asl leccese ed il dipendente di un’impresa locale, che aveva appena consegnato alla donna una bustarella con 850 euro nonché vari dpi (guanti e mascherine) per uso personale. In carcere sono finiti Carmen Genovasi, dirigente dell’Asl di Lecce, e Giuseppe Bruno, dipendente di un’azienda che si occupa di ausili ortopedici ed audiometri­ci, arrestati in flagranza dai militari con le accuse di corruzione, turbata libertà del procedimen­to di scelta del contraente da parte della pubblica amministra­zione e falso ideologico.

Sotto la lente degli investigat­ori, coordinati dal pm Roberta Licci, ci sono diversi episodi che riguardano una ristretta cerchia di imprendito­ri, che avrebbero ottenuto con doni e denaro prescrizio­ni già autorizzat­e, da portare poi all’incasso all’Asl di Lecce. Sequestrat­e una serie pratiche di assegnazio­ni. Da quantifica­re il danno a carico dell’ente, che forniva ausili protesici pagandoli più del dovuto o non adeguati alle necessità dei pazienti.

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Chiude il centro di procreazio­ne medicalmen­te assistita di Nardo: «Cento coppie sono state abbandonat­e». Diffida all’Asl di Lecce

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