Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
L’economia, la natura e le gerarchie capovolte
Possiamo pensarci “fuori” dalla natura? Possiamo pensare di poter esistere al di fuori della sfera naturale? La risposta è ovvia: non è possibile concepire la nostra esistenza al di fuori della natura.
La sfera naturale detta leggi che non possiamo eludere. Se pensiamo alle “leggi” però, vengono in mente quelle elaborate dalle società, prima di tutto la giurisprudenza: quella legge che dovrebbe essere uguale per tutti ma che non è uguale in tutti gli stati. Possono le leggi della sfera sociale sviluppare norme che siano contrarie alle leggi naturali? Possono, ma se si va contronatura non si va lontano. La sfera sociale deve obbedire alle leggi della sfera naturale.
Oltre alle leggi sociali, abbiamo anche elaborato le leggi dell’economia. Queste non possono dettare norme che siano in contrasto con la giurisprudenza, e non possono neppure contrastare le leggi naturali, alle quali è soggetta anche la giurisprudenza. Quali sono le leggi naturali? Ne bastano due. Una dice: tutte le specie tendono ad aumentare di numero. La legge della crescita. La seconda dice: anche se tutte le specie tendono ad aumentare di numero non tutte possono farlo perché le risorse sono limitate. La legge del limite. Le specie conoscono solo la prima, e tendono ad aumentare. Ma se esagerano ecco che la natura le ferma, con la seconda. Il motivo è semplice: quanto più una specie cresce tanto più consuma le risorse che le permettono di vivere. E quindi genera condizioni che la freneranno. Anche se questo non è nelle sue intenzioni.
Incuranti dell’ordine gerarchico delle tre sfere, noi abbiamo creato una gerarchia inversa: la sfera economica prevale sulla sfera sociale e sulla sfera naturale. La nostra economia obbedisce alla legge della crescita, in questo caso del capitale economico, e non si cura della distruzione del capitale naturale che questo comporta. Quanto più distruggiamo il capitale naturale, tanto più ci esponiamo alla legge del limite. La natura impone questa legge in tre modi: la fame, le malattie, la competizione (noi la chiamiamo guerra).
La specie che è cresciuta di più è proprio la nostra. Abbiamo pensato di poter assoggettare il resto della natura ai nostri bisogni, incuranti delle conseguenze. Pensiamo di poter dominare la natura e di poterla utilizzare a nostro piacimento. Una parte degli umani ha capito e propone la sostenibilità come strategia di uscita da questa situazione. Ma spesso sono di nuovo gli economisti a dettare legge. Ne volete una prova? Nelle task force ministeriali non ci sono studiosi della natura. Gli economisti si prendono cura della sfera economica, i medici e i sociologi di quella sociale, mentre della sfera naturale, quella che condiziona tutto il resto, non importa gran che a nessuno. Chi studia la natura è visto come un essere strampalato che raccoglie farfalline. La necessità di curare la natura non è una romantica velleità ambientalista. È una necessità vitale. Ma non siamo culturalmente attrezzati per capirlo. Continuiamo a pagarne le conseguenze e le lezioni non bastano mai. Appena finirà la pandemia torneremo alla “normale” inversione dell’ordine gerarchico delle tre sfere. Scommettiamo?