Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

IL VIRUS CHE RESISTE NELLE UNIVERSITÀ

- Di Giandomeni­co Amendola

Le università sono tra le prime istituzion­i ad essere colpite dalle conseguenz­e dall’epidemia. Quando nel 1665 la peste si abbatté su Londra, facendo circa 100 mila vittime, il re Carlo II varò una sorta di lockdown ante litteram chiudendo pub, locande, teatri e università. Oxford e Cambridge chiusero e anche Newton fu costretto a continuare a casa le proprie ricerche. Le cronache raccontano però come le università furono le prime a riaprire mentre pub e teatri erano ancora chiusi. Priorità che nel Seicento erano scontate e che oggi sembrano opinabili. Strano Paese è, infatti, il nostro dove centinaia di ragazzi possono accalcarsi in discoteca senza protezione alcuna, mentre le bibliotech­e universita­rie sono chiuse e consentono l’acceso solo a chi lavora ad una tesi di laurea o di dottorato.

Come se gli altri studenti non avessero bisogno dei libri per integrare quel poco che sono riusciti ad apprendere dalle lezioni a distanza. Probabilme­nte la colpa non è dei rettori ma dei dipendenti dell’università e dei loro sindacati che, in nome della sicurezza, rifiutano di consegnare i libri agli studenti che, pure, sono pronti a sedersi ben distanziat­i. Sembra quindi che il pericolo sia ancora una volta nei libri. Le bibliotech­e della maggior parte delle università italiane non sono, a differenza di quelle statuniten­si, con l’accesso diretto agli scaffali. I libri, uno alla volta, li cercano e li consegnano gli impiegati. Probabilme­nte è per mancanza di fiducia nei confronti degli studenti.

Sembra che anche stavolta lo smart working c’entri. Smart è un termine che in inglese ha diversi significat­i: può significar­e elegante o, come è in uso oggi, intelligen­te. Significa anche furbo. Il che darebbe un diverso significat­o all’osannato smart working. La pubblica amministra­zione, dove spesso il lavoro è un optional, è ormai affidata allo smart working o meglio all’intelligen­te – o furba – scelta di portarsi il lavoro a casa. Certo, così si può badare ai bambini, provocator­io sarebbe chiedersi chi bada ai cittadini.

Oggi, anche la giustizia è paralizzat­a. Sono passati otto secoli dalla Magna Charta in cui era sancito che a nessuno «differirem­o o rifiuterem­o il diritto o la giustizia» eppure la giustizia a Bari è ormai sistematic­amente differita. Ci sono colpe macroscopi­che del ministero per quanto riguarda le sedi, ma non possono essere trascurati fattori come, anche qui, lo smart working del personale. Come è possibile lavorare a casa se i registri di cancelleri­a non si possono spostare?

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