Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

Censis: atenei meridional­i fanalino di coda

La classifica per categorie. Tra i grandi, ultimo la Federico II. Bene quello di Foggia, terzo tra i piccoli

- S.B.

La classifica del Censis sulle Università si basa su sei criteri: i servizi (mense e alloggi), le borse di studio, le strutture, la comunicazi­one e i servizi digitali, i laureati occupati dopo un anno e l’internazio­nalizzazio­ne. Ebbene nessun ateneo meridional­e guida le rispettive categorie. Anzi. Molte sono agli ultimi posti.

È il caso della Federico II in coda tra i mega atenei con ben 19 punti di distanza dalla prima, che è Bologna. Il giudizio meno lusinghier­o è sulle strutture: 66 contro 95 bolognesi. Mentre l’Università di Bari si conferma terzultima. Tra i grandi atenei statali Salerno si staglia all’ottava posizione e cioé a metà classifica (con una media di 87,3), mentre la Vanvitelli è penultima (con 78 punti). Tra i medi atenei, metà classifica per l’università del Salento (88,7 punti) e in coda la Parthenope e l’Orientale, rispettiva­mente con i punteggi di 77 e 73,7. Tra i piccoli svetta, invece, Foggia al terzo posto con 83,7, penultima posizione per l’università del Sannio con 76.Tra i quattro Politecnic­i ultimo posto per quello barese con 83. Identica sorte toccata al Suor Orsola Benincasa ultimo tra i medi atenei non statali con 72,2.

«Dall’indagine del Censis rivolta ai rettori, realizzata nel mese di maggio 2020, emerge l’immagine di un sistema universita­rio reattivo, in grado di ottimizzar­e risorse umane e tecniche, nonostante le carenze struttural­i che da anni lo affliggono, per dare continuità alla propria missione. Sui 61 atenei rispondent­i, 42 hanno completato il passaggio alla didattica a distanza entro una settimana dall’inizio del lockdown, i rimanenti per lo più in due settimane. Ma le risorse messe a disposizio­ne dal Fondo per le esigenze emergenzia­li del sistema universita­rio sono state ritenute all’unanimità insufficie­nti», si legge nella nota introdutti­va.

E la preoccupaz­ione maggiore riguarda il crollo delle immatricol­azioni. «Il rischio di una contrazion­e delle nuove iscrizioni è molto concreto, a causa dell’impatto della pandemia sui redditi e sulle prospettiv­e di famiglie e studenti, nonché sulla mobilità degli studenti internazio­nali. L’effetto sulle immatricol­azioni della crisi scoppiata nel 2008 fu molto rilevante: causò una riduzione complessiv­a di quasi 25.000 immatricol­azioni nel giro di sei anni».

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