Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
Per niente Candida
Cara Candida, c’è un uomo col quale ho avuto una storia, che era molto sfuggente. Era timido, taciturno, tormentato. Era come se qualcosa lo bloccasse. A un certo punto, la sua presenza si è diradata e poi lui è sparito. Ho sofferto molto, ero attratta dalla sua sensibilità e dal suo tormento. Le rare volte in cui si lasciava andare e facevamo l’amore, poi, scappava. Ho pensato anche che avesse un’altra storia di cui mi teneva all’oscuro, ma l’ho escluso per la sua timidezza. Ho poi saputo che frequentava un’altra donna, più grande di lui. A volte, ci siamo incontrati per caso ed è stato molto tenero. Come se volesse amarmi, ma non potesse. Erano sguardi, gesti, non so spiegarlo. Ora, ho saputo che è libero. L’ho incontrato per caso, ci siamo parlati e lui mi ha sfiorato una mano, una spalla. I suoi occhi sembravano dirmi molto più di quanto dicesse a parole. Di nuovo, si è eclissato. Ho capito, di nuovo, perché in questi mesi lo sapevo già, che l’attrazione che provo per lui è ancora lì. Come posso fare ad avvicinarlo, a vincere la sua ritrosia, e prendermelo definitivamente?
Valeria
Cara Valeria, mi preoccupa non la strategia per riprendersi quest’uomo sfuggente, ma l’attrazione per un uomo così complicato e avaro di sé. L’amore è qualcosa di semplice: ci si piace e si vuole stare insieme. Punto. C’è un metodo infallibile per riconoscere il vero amore: l’amore, se è amore, gira sempre su una nota allegra. Altrimenti, è l’incontro di due complessi che risuonano l’uno nell’altro e si attraggono perché ognuno pensa che, sanando l’altro, sanerà se stesso. Trattasi di incastro fatale: ciò che ne viene fuori è l’improbo sforzo a cambiare l’altro, quando invece dovremmo fermarci a chiederci perché mai non pensiamo di meritarci la serenità.
L’amore vero è qualcosa che apre il cuore e ci fa stare meglio di come stavamo. Il resto sono reminiscenze da letteratura romantica, da film drammatici e da tetra attrazione per la tragedia. Il resto sono persone che si trovano per farsi male a vicenda. Poi, certo, può esserci una pausa, di letto e no, piacevole, appassionante, furibonda e persino sentimentale, ma la vita non è qualcosa di cui godere nelle pause dal dolore. L’uomo a cui lei anela mi sembra troppo impelagato a imparare ad amare se stesso per essere libero di amare come si deve un altro essere umano. Triste è il destino di chi lo incontrerà, perché l’amore perdona tutto ma non di non essere amati. Perdersi per un uomo sfuggente e incapace di darsi è una condanna. «È uno strano dolore… Morire di nostalgia per qualcosa che non vivrai mai», ha scritto Alessandro Baricco. Poi, ognuno è libero di farsi male come vuole, io l’ho avvisata.
Imparare a sopravvivere per riuscire a vivere (bene)
Gentile Candida, andiamo incontro a un altro inverno di claustrofobia, chiusi in casa, soli, solissimi. Prima lo chiamavano lockdown, ora lo chiamano coprifuoco. Comunque, siamo invitati a fare «lo stretto necessario». Cos’è lo stretto necessario? È lo stesso per tutti? Cos’è lo stretto necessario per chi non ha congiunti con cui dividere i propri pochi metri quadri? Io, single, dopo l’ennesimo calesse che pensavo amore, mi ritrovo all’ultima spiaggia solitaria, senza uno straccio di compagnia, col disperato bisogno di trovare un uomo per avere una compagnia, col tempo che incombe verso l’ultima chiamata. Puoi fare un aperitivo a pranzo, ma se non ti assembri, se non puoi sfoderare un sorriso, basta uno sguardo per piacere, per conquistare? Non m’importa più avere figli, coinvolgere innocenti nel trascinarmi di una vita scritta male e difficile da cambiare. Chiedo solo di alleviarla condividendola con qualcuno che mi tenga la mano. Però ora è così difficile trovare occasioni di incontro. E io mi rifiuto di ridurmi alla disperazione dei siti di dating. Le sembra giusta questa condanna alla clausura sentimentale?
Federica
Cara Federica, bisogna anzitutto sopravvivere, poi vivere. Ci viene chiesto di fare il possibile per tenerci in vita e, fin qui, l’autorità nazionale e locale fa quel che può. Vivere, nel senso pieno e gioioso del termine, ovvero vivere bene, è sempre una nostra responsabilità individuale ed è un’arte che ogni volta si confronta con le condizioni che ci sono date e che mai dipendono da noi. Vivere bene significa anzitutto non delegare ad altri la nostra felicità. La «clausura» a cui andiamo incontro è un’opportunità per imparare a trovare dentro di noi risorse di autosufficienza emotive. Lei mi parla di una vita rassegnata e grama, ma la solitudine che questi tempi ci impongono è una risorsa. Conosco donne che ne hanno approfittato per seguire un corso online di acquerelli o un corso online dell’università di Berkley. Donne che stanno usando le ore vuote come un tempo regalato per coltivare talenti sopiti e per migliorare se stesse. Mi chiederà cosa c’entra questo con l’amore. C’entra con l’amore per se stessi. Vivere è imparare e crescere. Tenersi vivi è migliorarsi. Questo tempo strano ci impone di non lasciarci andare e non buttarci giù. E questo è il primo passo per tenere l’umore alto. Si trovi una passione, un hobby e starà già meglio. Dopodiché, abbiamo la fortuna di vivere in un’epoca in cui si possono fare mille conoscenze sui social, nei webinair e in altri luoghi virtuali. Sono le nuove piazze, i nuovi bar, le nuove rotonde sul mare. Non c’è niente di male ad affacciarsi in questi posti. Rifiutarsi significa che preferiamo lamentarci invece che cambiare la situazione.