Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

«Io novello Ulisse» Biennale del teatro, la direzione a Forte

Gianni Forte, andriese, è «il golden boy» del palcosceni­co italiano

- di Francesco Mazzotta

«Ora è un animale ferito, ma il teatro non morirà mai», dice Gianni Forte, l’artista di Andria che con Stefano Ricci forma un duo «terrible» della scena contempora­nea. Ricci e Forte sono stati appena nominati alla direzione della Biennale di Venezia per il quadrienni­o 2021-2024, sezione teatro, naturalmen­te. Incarico che arriva in una fase di grande incertezza, con il mondo dello spettacolo costretto nuovamente a fermarsi. «In questo momento - dice Forte da Parigi, dove risiede - ci sentiamo due novelli Ulisse che stanno per salpare verso magnifiche avventure, ma con gigantesch­i punti interrogat­ivi. In Francia la situazione è davvero grave. Ma un motto samurai recita: se vai avanti muori, se ti tiri indietro muori lo stesso. Allora perché fare dietro-front?»

State affilando le armi?

«Siamo cavalieri erranti, pronti a guardare la realtà senza filtri, come nostra abitudine. Alla Biennale proporremo una visione particolar­e del mondo, con un respiro davvero internazio­nale».

Se doveste scegliere un’artista, una compagnia pugliese, chi portereste a Venezia?

«Da molti anni ho perso di vista quello che accade nella mia terra, ma con Stefano utilizzerò questi mesi per fare delle ricerche. Quando vivevo in Puglia la situazione era davvero desolante, motivo per cui sono andato prima a Roma, poi all’estero».

Quanto deve al Festival Castel dei Mondi?

«Tanto. Chissà che non ci sia presto un ritorno. Ne stiamo parlando. Quando eravamo degli sconosciut­i furono i primi a scommetter­e su di noi e a produrci. Era un festival in grande ascesa, che aveva toccato vette himalayane. Lì, nella mia città, è nato il nostro primo spettacolo, Troia’s Discount. Poi ne sono arrivati altri, anche del progetto Wunderkamm­er Soap. In quel periodo la Puglia è stata una terra molto generosa, non quando avevo diciotto anni. Mi stava stretta. E sono scappato».

Il mondo del teatro in Italia protesta perché considera inaccettab­ile l’idea di essere derubricat­o a “tempo libero”.

«Una parola gentile, finalmente. Normalment­e ci consideran­o stracci, una Cenerentol­a da tenere in disparte a spazzare. In Francia si invespetta­tori stono tanti milioni di euro e ci sono sempre tutele per chi rimane temporanea­mente tagliato fuori».

Mutuando la locuzione Hic sunt leones, titolo del programma che avete condotto su Rai Tre, quali confini non avete ancora esplorato?

«Vorremmo continuare a scavare nell’interiorit­à degli ma anche mettere a nudo quei rami che, vibrando, ti dando la possibilit­à di captare l’oggi. Per questo alla Biennale faremo un lavoro di interferen­ze, di scambi con la danza, la musica, l’architettu­ra e le arti visive. Allo spettatore vorremmo dare una visione stereoscop­ica, di un teatro inteso come organismo vivente che pulsa e permette di analizzare lo smarriment­o nel quale stiamo precipitan­do. Il teatro deve testimonia­re questi momenti di instabilit­à e accettare l’esistenza con tutta la sua complessit­à».

L’hanno chiamata in vario modo, golden boy del teatro, enfant terrible del palcosceni­co. Lei come si definirebb­e?

«Il fautore di un terrorismo poetico. Perché la poesia è l’unico modo per disintossi­carsi dalle brutture che ci circondano, permettend­oci di rimanere in uno stato di vigilanza».

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Nella foto piccola Gianni Forte e Stefano Ricci. Formatisi all’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica Silvio d’Amico e alla New York University, sono vincitori di numerosi premi Sopra un momento del progetto «Wunderkamm er Soap» presentato al Festival Internazio­nale Castel dei Mondi di Andria
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