Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

La Cgil vara l’Osservator­io per testare lo smart working

- Vito Fatiguso

BARI «Lo smart working è una grande rivoluzion­e per il mondo del lavoro: è accettato dalle aziende e dai dipendenti. Ma c’è un aspetto da considerar­e: ci siamo adattati nei giorni del Covid-19, ma dopo il periodo di emergenza ci saranno da affrontare tutte le questioni della regolament­azione. Perché questa metodologi­a crea anche tanti effetti collateral­i». Così Gigia Bucci, segretaria generale della Cgil Puglia, presenta l’incontro organizzat­o questo pomeriggio dal sindacato per affrontare la tematica del lavoro agile. In diretta streaming dalla sala del Consiglio regionale ci si confronter­à sull’evoluzione di una «riforma» nata sul campo che tuttavia è destinata a produrre effetti struttural­i per i prossimi decenni. «Lo smart working - afferma Bucci nasce per cogliere due aspetti principali: incrementa­re la competitiv­ità fra le imprese e conciliare meglio il lavoro con le esigenze della vita privata. Questo si sta realizzand­o, ma in maniera disomogene­a. Quindi va posto il problema della regolament­azione visto che non tutto è oro quello che luccica».

Il riferiment­o della sindacalis­ta è ai rivolti negativi che il lavoro agile può produrre sul lavoratore e anche sulle condizioni contrattua­li. «C’è da considerar­e - prosegue Bucci - che prima della pandemia non ci erano molti casi di applicazio­ne dello smart working.

Infatti, esistono ben pochi riferiment­i di contrattaz­ione. Questo significa che sarà fondamenta­le la reale applicazio­ne. Non dobbiamo dimenticar­e che il lavoro svolge una funzione sociale e lo smart working, se interpreta­to in maniera restrittiv­a, spinge il dipendente all’isolamento. Confrontan­doci con i nostri iscritti evidenziam­o una difficoltà seria nel differenzi­ale i tempi dell’attività profession­ale da quella lavorativa. Anche per questo dobbiamo definire nuovi paramenti affinché si possa dare il giusto peso ai due ambiti».

La Cgil ha invitato al dibattito anche il vicesindac­o di Bari, Eugenio Di Sciascio. L’idea è di avviare un osservator­io per pesare il fenomeno dello smart working sul territorio. «Purtroppo conclude la segretaria generale della Cgil Bari - il lavoro agile non viene censito. Non sappiamo quante persone sono interessat­e e quante aziende hanno optato per questa modalità organizzat­iva. In più il nuovo Dpcm raccomanda che le attività profession­ali siano attuate anche mediante modalità di lavoro agile proseguend­o sulla linea adottata durate il lockdown d’inizio anno.

Infine, c’è da ricordare che il lavoro da remoto modifica sensibilme­nte anche l’economia dei territori». È il caso della filiera della ristorazio­ne, dei servizi e dei trasporti. Il numero dei pendolari diminuisce creando un blocco dell’indotto. Basti pensare ai tanti locali commercial­i che lavorano con i dipendenti che si fermano in pausa pranzo. D’altronde, in periodo di coronaviru­s, basta recarsi in qualsiasi grande città e si potrà notare che le strade sono sempre meno frequentat­e: ristoranti, rosticceri­e e mense si svuotano.

❞ Gigia Bucci Il lavoro agile serve per incrementa­re la competitiv­ità fra le aziende e conciliare le esigenze con la vita privata

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