Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
COSA C’È OLTRE QUELLE ORDINANZE
Cervellotica quanto, inutilmente, capziosa. L’ordinanza firmata venerdì sera dal presidente Michele Emiliano sballottola la scuola in un vortice del quale, in tempi già complicati, non si avvertiva il bisogno. Ingarbuglia la vita a dirigenti, insegnanti, personale, genitori. Rende una cosa semplice - fare didattica in presenza oppure a distanza - difficilissima. Si attorciglia attorno a una decisione, quella della terza sezione del Tar di Bari, lasciando intendere di non avere granché voglia di accettarla. Obbliga i dirigenti a garantire la Dad, ma solo per ferire al cuore il ministero che è mancato nella copertura capillare della banda larga e iscriversi, così, allo sport del momento: dare addosso a Lucia Azzolina. Un pasticcio che va ricondotto al motivo scatenante della prima ordinanza, la moltiplicazione di contagi fra professori e studenti, altra avvisaglia di una gestione dell’emergenza sanitaria che in assenza di un tracciamento credibile ha confinato la regione in zona arancione.
Indipendentemente dalle scelte del governatore, il dato oggettivo è che dal 29 ottobre in Puglia non si va a scuola, né (soprattutto) si fa. Le aule risultano sprangate con i lucchetti della guerriglia istituzionale, alle elementari e alle medie le connessioni agli strumenti digitali funzionano poco e male, sperare in una didattica a distanza completa, organizzata, moderna, è come dire che domani mattina saremo tutti vaccinati contro il coronavirus. Il peccato originale è il tempo perduto. Dal 4 maggio - il ritorno a una vita quasi normale dopo il lockdown - non si è aggiunto nulla ai buoni propositi. I bandi per la fibra potente faticano a partire, i banchi con le rotelle non hanno arginato la diffusione dell’epidemia nelle classi, il diritto fondamentale allo studio è stato calpestato da una poltiglia di soluzioni non adeguate e contro-provvedimenti frettolosi (se non dispettosi).
Ad attenuare in parte le responsabilità di Emiliano e del suo braccio destro Lopalco, però, ci sono i segnali arrivati negli ultimi giorni proprio dal mondo della scuola. Contraddittori, scivolosi, plasticamente rappresentati dalle divisioni sul tema delle rappresentanze sindacali. C’è come la sensazione che, su certe decisioni, abbiano pesato le pressioni giunte da quegli ambienti. C’è come il presentimento che le chiusure siano state sollecitate, o perlomeno suggerite, per prendere fiato da un insieme di oneri, doveri e rischi che iniziava a diventare insostenibile. Non è un cattivo pensiero. Solo la ristampa di una condizione che porta tutti ad asserragliarsi in casa, o in noi stessi, per sfuggire alla tempesta che continua a imperversare là fuori.