Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
La guerra degli store Decaro avverte: più controlli
Nel primo sabato «arancione» nessun assalto tra gli scaffali Il sindaco chiama il prefetto: «Non ci saranno disparità»
BARI La media e grande distribuzione non alimentare si organizza di buon mattino inviando mail e messaggi ai clienti più affezionati: «Sabato e domenica siamo aperti, vienici a trovare». Aperti negli stessi giorni in cui l’ultimo Dpcm impone lo stop ai centri commerciali. Nella parte di superficie relativa alle gallerie dei negozi e ai reparti no food. Basta fare un salto all’ora di pranzo all’Ipercoop di Santa Caterina, a Bari, per rendersene conto. Nella galleria il silenzio. Serrande abbassate per negozi di abbigliamento, oggettistica e accessori; nel supermercato niente accesso agli scaffali di giocattoli e merci varie, debitamente sigillati con catene biancorosse e un cartello che ne annuncia la sospensione della vendita nel fine settimana. All’esterno invece regolarmente in attività i big dell’arredo, della moda e dell’elettronica. Senza però particolari affluenze. «Ma noi siamo grandi punti vendita, non centri commerciali. Possiamo restare aperti», è la difesa dei diretti interessati.
Iniziata con le forti preoccupazioni del sindaco Antonio Decaro e dei sindacati dei lavoratori, Cgil in testa. Per un ragionamento semplicissimo: «Questa disparità di aperture può pregiudicare ogni forma di prevenzione degli assembramenti anti-covid. Il governo faccia chiarezza». Si consuma così il primo sabato «arancione» a Bari e nel resto della Puglia, nel braccio di ferro sulle regole della grande distribuzione durante la pandemia. I piccoli costretti (nei centri commerciali) a chiudere il sabato e la domenica, mentre all’esterno e a pochi metri più in là i grandi marchi possono lavorare. «Una situazione ingiusta visto che in ogni caso anche queste strutture sono chiaramente luoghi nei quali le persone si concentrano e si affollano soprattutto nei fine settimana», aveva denunciato alla vigilia il sindaco Decaro. E non caso da ieri il primo cittadino ha disposto maggiori controlli da parte della polizia locale, preannunciati in una lettera inviata al prefetto Antonella Bellomo con la richiesta del coinvolgimento delle altre forze di polizia perché «ritengo che l’unico modo per evitare il perpetrarsi di comportamenti non rispettosi delle misure di profilassi sia quello di intensificare i controlli relativi al divieto di spostamento tra Comuni e in prossimità dei punti vendita della grande distribuzione».
Ma ieri, forse grazie agli appelli a non affollare i parchi commerciali e complice la scarsa chiarezza sul dilemma «aperto sì/aperto no», non si sono registrate particolari calche. «I nostri store non sono centri commerciali – spiega Giancarlo Fiore, titolare di Citymoda - e non rientrano come tali nel Dpcm». Una precisazione in risposta «alle affermazioni della Cgil inesatte e gravemente dannose per il commercio». «Noi – aggiunge - ci siamo impegnati dal primo momento a rispettare le leggi, dal contingentare gli ingressi, basandoci su un numero imposto dalla metratura dei nostri negozi, all’igienizzazione. Certe accuse sono un forte attacco negativo alla nostra immagine». Ma la Cgil non arretra. «Penso che si sia fatta una grossa confusione con un Dpcm non esaustivo per rallentare la corsa del virus – spiega il segretario generale della Filcams Cgil Puglia, Barbara Neglia -. Chiudere solo i centri commerciali non includendo anche le grandi superfici free stand, penso non gioverà a contenere gli assembramenti soprattutto nei weekend. Ritengo necessario un intervento di chiusura domenicale per tutti gli esercizi commerciali, anche alimentari. Si darebbe così a tutti non solo la possibilità di riposare ma anche di salvaguardare la salute pubblica di consumatori e addetti alla vendita».
Antonio Decaro Io penso che questa disparità di aperture possa rendere davvero vana ogni forma di battaglia contro gli assembramenti anti-covid Il governo ora deve fare chiarezza