Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
Giudice e cameriere
Il grande albergo gode di uno spettacolare, impudico affaccio sul mare. A suo tempo quell’edificio è stato un monumento e un avamposto del Moderno, in città. Il suo stile complessivo invecchierà, ma a tempo debito e con la medesima stagionatura dei camerieri di sala, nati contemporaneamente all’edificio.
È per questo, forse, che sembrano attraversarne anche i muri portanti? Di fatto la maggioranza del personale è composta da maschi. Anche questo aspetto rimanda al passato dell’hotel, al periodo che lo generò. Giovanni ha sessantacinque anni; i due terzi della sua esistenza li ha trascorsi con la giacca avorio e i pantaloni neri. Lui è il decano, qui in sala, ma non lo farà mai pesare. Non è nella sua natura – e noi siamo nient’altro che quello. È gentile, mansueto, affabile. I suoi comandamenti: mostrarsi servizievole senza apparire servile; accudire il benessere degli ospiti a tavola; rappresentare l’hotel e lucidarne, ogni giorno, la reputazione. Ecco: se ogni uomo è riassumibile in un epitaffio, questo potrebbe essere il suo. Dunque Giovanni si identifica con l’anima dell’albergo. È l’hotel nella sua luce migliore, quella che dilaga nello specchio d’acqua sotto Castel dell’Ovo. Eppure non tutto ciò che vede ai tavoli gli garba, com’è ovvio. Giovanni è un essere umano, vivaddio, e la nostra mente è predisposta appunto a distinguere, valutare, giudicare. Noi siamo, essenzialmente, giudici e giudicati. Sta di fatto che, per deontologia, i clienti non devono minimamente sospettare la natura della sentenza. Nulla infatti trapela dalla faccia gioviale, avalutativa e perfettamente rasata di Giovanni. Lui è preposto al piacere degli ospiti. E gli habitué come l’Ingegnere amano particolarmente essere riconosciuti. Non solo in quanto individui, ma anche nel loro status professionale, reale o fittizio. Il titolo è importantissimo, anche se può essere del tutto abusivo, uno specchietto per le allodole. «Bentornato Ingegnere». Il tono di Giovanni mentre gli volteggia intorno è quello di sempre. Lo possiamo considerare un’emanazione delle sue spalle leggermente chine, una postura di cerimoniosa sottomissione.
«Pochi secondi e arriviamo con il vino».
L’Ingegnere fa cenno di sì, condiscendente, mentre con un unico sguardo abbraccia e si gode i due ospiti. Non immagina che Giovanni dubiti di lui. Giovanni sa che quell’uomo tinge i capelli, un atto sostanzialmente disonesto. A quel punto anche il titolo professionale e la laurea potrebbero essere vanterie, pure mistificazioni. Oltretutto, per Giovanni la figura dell’ingegnere dovrebbe corrispondere a un ideale di dinamismo, di prestanza fisica che conciliano studio e cantiere. Un ingegnere dovrebbe essere in grado di inerpicarsi sui ponteggi e destreggiarsi, là sopra, con agilità (nel tempo libero, poi, un ingegnere veleggia fra Capo Miseno e Punta Campanella). Questo Ingegnere o presunto tale, viceversa, ha una statura quasi nanesca. E la disarmonia quasi impediente di queste spalle sproporzionate rispetto al resto del corpo, alle gambette dal passo sbilenco. Inutile dire che si tratta di un ospite facoltoso; di quelli, però, comparsi un bel giorno come dal nulla sociale. Senza appartenere al giro delle feste, della buona società, del Rotary o dei circoli nautici del lungomare. Nessun cliente di quel tono lo conosce; l’Ingegnere sembra non possedere una storia. Non appartiene a quella storia, insomma. L’Ingegnere, un paio d’anni prima, aveva semplicemente imposto la propria presenza in hotel con l’assiduità – e largheggiando, certo. Prenota sempre una suite. Lascia mance molto liberali al personale di sala, così come alle addette che rassettano le stanze. Le mance, così come le lodi, servono a comprare gli esseri umani; quantomeno a renderli compiacenti. Ecco, le cameriere qualcosa in più potrebbero saperla: sono le figure che si avvicinano di più all’intimità degli ospiti. Eppure sull’Ingegnere si mantengono abbottonate. L’unica mormorazione che Giovanni ha orecchiato una volta: spesso il suo letto a due piazze rimane intatto. Difficile credere che abbia dormito sotto le stelle, nel balconcino. O per terra, come un barbone. Eppure nulla intacca la bonomia ossequiosa di Giovanni con l’Ingegnere, il quale all’inizio risponde con una certa degnazione. A dirla tutta, la familiarità di Giovanni non gli dispiace. In fin dei conti dimostra, agli occhi dei suoi due commensali, che lui è trattato diversamente dagli anonimi di passaggio. Bisogna solo stare attenti a che non si abusi di questa confidenza. L’Ingegnere sa però che, con Giovanni, non si corrono pericoli del genere. Perciò può concedersi di stare allo scherzo rispettoso del cameriere, il che rasserena gli altri convitati. In genere una coppia formata da un ragazzo e una ragazza. Giovanni ha parcheggiato il carrello del vino, questo secchiello col ghiaccio che continua a tintinnare. Di sottecchi spia i due ospiti dell’Ingegnere. Non arriveranno neanche a mezzo secolo in due; perfino se si sommassero le loro età, risulterebbero più giovani del loro anfitrione. Dell’Ingegnere che ora assaggia il vino, disquisisce dandosi arie da intenditore, decreta invariabilmente che la bottiglia è idonea. Poi si concede ad un ultimo scherzo, dal tratto democratico, con Giovanni. Il ragazzo e la ragazza sorridono, sembrano tangibilmente rincuorati. Il maître, da dietro una colonna, non può fare a meno di soffermarsi su di loro: quei due hanno l’età dei suoi figli. Sono legati fra loro, forse sposati precocemente, capita. Non fanno che scambiarsi occhiate, come se dovessero coordinare risposte e atteggiamenti. Anche loro sono ospiti della struttura, naturalmente; in una matrimoniale, com’è ovvio. Il maître sa perfettamente – anche se il concierge su queste faccende è abbottonatissimo - che non saranno loro a saldare il conto. Come farebbero? Sono belli, favoriti in questo anche da una sfacciata gioventù. Belli, sani, ma senza gli occhi per piangere. Il maître ne saprebbe raccontare decine di storie così: indebitamenti, piccoli commerci finiti disastrosamente, entrate in nero disseccatesi all’improvviso, malversazioni di qualche truffatore che si è approfittato dell’inesperienza (ecco l’altro binomio: gioventù e inesperienza). Inutile dire che i due ragazzi pernotteranno nello stesso spiano dell’Ingegnere. Inutile dire che il maître vorrebbe sputacchiare nel risotto dell’Ingegnere, prima che esca dalla porta va e vieni della cucina. Non lo farà mai. Sarebbe proprio una rivolta da camerieri.
Cerimonioso
Il tono di Giovanni è un’emanazione delle sue spalle chine, una postura di sottomissione