Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
Tre ospedali mobili anti-Covid
Non solo in Fiera a Bari. La Regione allestirà altre strutture da campo a Foggia e Lecce
Dopo Bari pure Foggia e forse Lecce. La Regione mira a ripetere l’esperienza dell’ospedale mobile. Lo scopo è concentrare le terapie intensive, risparmiare personale e tutelare le attività no Covid.
Non ci sarà solo l’ospedale mobile programmato nei padiglioni della Fiera del Levante di Bari. Ne arriverà un altro a Foggia e forse anche a Lecce. È il progetto cui sta lavorando la Regione per reggere l’urto della pandemia, soprattutto sulle Terapie intensive e sub intensive, e non indebolire ulteriormente i reparti non-covid.
Il contagio corre e anche se da qualche giorno si manifesta una leggera diminuzione, resta alta l’occupazione dei letti di medicina interna (pneumologia e malattie infettive) e Terapia intensiva (TI). La Regione aveva programmato di attivare e destinare al covid, entro fine novembre, fino a 3.062 letti. L’apertura è modulare e progressiva. Soprattutto non è indolore: ogni volta che si apre un’unità, si sottrae spazio e personale ad un reparto che prima era destinato ad altro.
Si veda il caso delle TI destinate al covid: ne erano attive 106 a fine settembre, è previsto possano diventare 263 entro il 30 novembre (ieri i ricoverati erano 197). Quando si apre una rianimazione covid, ne cessa un’altra non covid.
Da qui l’idea di affidare alla Protezione civile l’allestimento di ospedali mobili per concentrare i letti e guadagnare spazio e uomini. Quello di Bari è stato già appaltato, con rapida procedura, al raggruppamento temporaneo di imprese «Cobar-Barozzi Item Oxygen». Costerà 8,5 milioni.
Perché un ospedale mobile invece di un edificio vuoto e inutilizzato? Perché intervenire è più facile e rapido: per le tubazioni dei gas medicali, i requisiti statici, quelli antisismici. E anche per la logistica. In Fiera saranno sistemati 160 posti di terapia intensiva e subintensiva. Praticamente tutti i letti di rianimazione covid dell’Asl Bari saranno portati lì.
Lo scopo è di accorpare le TI per realizzare economie di scala e risparmiare sul bene più raro e prezioso in questo momento: il personale. La Regione, in estate, aveva previsto tre grandi ospedali dedicati al covid in tutta la Puglia. Il governo è stato di avviso diverso e ha raccomandato di spezzettare e distribuire. Ma avere molti reparti di TI significa aver bisogno di più anestesisti e più infermieri, mentre letti accorpati in un’unica struttura portano a ridurre la necessità di forza lavoro. Da qui l’idea di un nuovo ospedale dedicato. Significherà liberare personale da destinare alle attività no-covid.
Non si poteva farlo prima? No, affermano in Regione, perché non si può aprire nuovi reparti se non quando sono pieni tutti gli altri. Per la medesima ragione di prima, la carenza di personale: suddividere medici e infermieri, in questa fase, non si può.
Ora il passo successivo sarà pensare un analogo ospedale mobile (cioè montabile e smontabile) anche a Foggia e, se necessario, a Lecce. Anche qui il ragionamento è modulare e progressivo: si farà se servirà.
A Foggia è quasi certo si farà. L’idea della zona rossa sulla provincia, e su quella della Bat, è sfumata. Il governo non ha proceduto, perché riconosce solo i dati aggregati regionali e quelli indicano la classificazione arancione per la Puglia. Avrebbe potuto procedere la Regione, ma in questo modo non sarebbero arrivati gli indennizzi per le aziende chiuse. Si aspettava una nuova norma nell’ultimo decreto legge del governo (Ristori ter) ma non è stata inserita. Sicché, come annunciato, la Regione non procederà con atto autonomo senza i soldi da Roma.
In sintesi: Bat e Foggia non diventano zone rosse. Il nuovo Dpcm, il 3 dicembre, prevederà la zonizzazione da parte del governo anche su base provinciale, a quel punto si potrebbe procedere. Ma ci si augura che fino al 3 dicembre la situazione, a Foggia e nella Bat, sia cambiata. In meglio.