Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
Sedute e rimborsi Stop del Comune allo smart working
Circolare spedita agli eletti con contratto di lavoro dipendente Per le sedute devono garantire la presenza a Palazzo di città
BARI Non è dato sapere se all’inizio di ogni seduta saranno finanche costretti a un videoselfie o a una ripresa degli ambienti. Per dimostrare di essere in sede, in una delle stanze assegnate ai gruppi politici tra i piani di corso Vittorio Emanuele. In ogni caso dovranno comunicarlo preventivamente alla presidenza del Consiglio e dichiararlo in apertura dei lavori a segretario verbalizzante e colleghi consiglieri: «Si metta a verbale che il sottoscritto è collegato in remoto da Palazzo di città». E non altrove, da qualunque altra postazione, come già accade ormai da diversi mesi tra salotti di casa, studi privati o semplicemente dall’auto, mentre si guida cercando parcheggio o un’altra destinazione.
La pandemia infatti ha rivoluzionato tutto: da marzo scorso niente attività consiliare in presenza, si fa tutto in videocollegamento. Dalle commissioni mattutine alle sedute pomeridiane di Consiglio comunale. Perché ai tempi del Covid anche la politica è in smart working. Il Comune di Bari richiama in sede i suoi consiglieri. Non tutti per carità, ma solo quelli che hanno un contratto da lavoro da dipendente e per giustificarne quindi i permessi e le assenze ai rispettivi datori di lavoro. Volete i rimborsi ed essere giustificati (come per legge del Testo unico degli enti locali) anche per il tempo necessario per raggiungere il luogo della riunione e per rientrare al posto di lavoro? Bene, allora dovete comunque venire in sede, nelle vostre stanze e collegarvi da lì. È in sintesi l’invito di Palazzo di Città diramato la scorsa settimana in una circolare sulla modifica dell’articolo 4 del disciplinare relativo alle sedute di commissione e che chiarisce un punto sul quale si era tanto dibattuto nelle scorse settimane.
Come potrebbe mai un consigliere comunale dipendente collegato dal posto di lavoro o magari da un’altra sede richiedere poi i rimborsi che spettano al suo datore di lavoro per il tempo impiegato per raggiungere la sede istituzionale della sua attività politica e per far poi rientro sul posto di lavoro? In nessun modo, se non varcando l’androne di Palazzo di Città e rimanendoci per espletare il suo mandato. «Il rimborso riconosciuto ai datori di lavoro, ai sensi dell’articolo 80 del Tuel – si legge infatti nella nota - potrà includere il tempo per raggiungere il luogo della riunione e rientrare al posto di lavoro, solo nel caso in cui il consigliere comunale comunichi, mediante nota indirizzata alla Presidenza del Consiglio Comunale, che parteciperà alle sedute in videoconferenza collegandosi da Palazzo di Città, presso la stanza assegnata al gruppo consiliare di appartenenza, avendo cura di dichiararlo in apertura di ogni seduta». «La dichiarazione – conclude la nota – ha effetto ai fini della responsabilità civile e penale». Perché la partita di giro tra Comune e datori di lavoro è una cosa seria: l’ente deve certificare ogni presenza o assenza e ristorare le ore perse sul lavoro. Basti pensare che nei primi quattro mesi di questa consiliatura (settembre-dicembre 2019) Palazzo di Città per i dieci consiglieri comunali con il profilo di lavoratori dipendenti da privati o da enti pubblici ha sganciato in rimborsi qualcosa come 176mila euro.
La condizione I datori di lavoro hanno diritto al ristoro delle assenze e dei ritardi dei politici-lavoratori