Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
L’epopea di Zorro nel jazz longevo del Tinissima Quartet
Chi è stato bambino negli anni Sessanta è cresciuto con la serie televisiva di Zorro, il giustiziere mascherato tutto vestito di nero, baffetti da seduttore e spada sempre pronta a riparare torti e sconfiggere cattivi. Un eroe moderno, fusione di svariati immaginari: quasi un d’Artagnan western, ma anche un super eroe ante litteram dotato di una doppia identità, un po’ come Bruce Wayne/ Batman. Nel pueblo di Los Angeles, al tempo della California spagnola, quasi nessuno sa che il gentiluomo don Diego De La Vega e Zorro, che le forze dell’ordine si ostinano a considerare un fuorilegge, sono la stessa persona. Ma il mito di Zorro è più antico; quest’anno compie cento anni, a far data dal primo film hollywoodiano a lui dedicato interpretato da Douglas Fairbanks. Mentre a rilanciarlo nel nuovo secolo ci ha pensato Isabel Allende, con il suo libro del 2005. Niente di meglio, dunque, di un disco celebrativo da parte di uno dei gruppi più longevi del jazz italiano, il Tinissima Quartet guidato dal sassofonista Francesco Bearzatti, non nuovo a operazioni del genere visti i progetti già dedicati in passato ad altri rivoluzionari (realmente esistiti, ma molto romanzati) come Malcolm X e Tina Modotti. Bearzatti fa sul serio, e con i suoi ottimi compari (Giovanni Falzone alla tromba, Danilo Gallo e Zeno De Rossi alla ritmica) realizza nove brani originali colmi di humour (El regreso), immaginario cinematografico (il tema di Zorro che apre il disco e El triunfo del Zorro che lo chiude) e spunti terzomondisti alla Gato Barbieri (Tierra india, Algo mal). Musica plasticamente viva, scoppiettante d’idee e colpi di scena. Come un telefilm d’altri tempi.