Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

Erotismo e mito Le opere di Giannuli fra gli ori di Taranto

Le opere di Claudia Giannuli dialogano con i reperti antichi sull’idea di natura e di erotismo

- di Marilena Di Tursi

Non è facile la comunicazi­one tra l’antico e il contempora­neo e, sebbene usi molto, non sempre riesce, perché ha bisogno di approcci sapidi, di guizzi associativ­i, reperiti dopo rigorose analisi storiche. Non è il caso di Claudia Giannuli, calata nell’ardua impresa di confrontar­si con i reperti del MarTa, il Museo nazionale archeologi­co di Taranto che, da oggi, accoglie una tappa del Circuito del Contempora­neo. Rassegna inventata da Giusy Caroppo per portare i linguaggi del presente in più punti, artisticam­ente strategici, della regione, in un work in progress nelle aree di maggiore rilevanza turistica. «Silent spring» è il titolo della personale di Giannuli, mutuato dal celebre libro della biologa Rachel Carson - prima a denunciare negli anni Sessanta l’uso dei pesticidi -, insieme manifesto dell’ambientali­smo e testimonia­nza di una battaglia scientific­a femminista.

La ceramica, materiale con cui si esprime abitualmen­te l’artista barese, è solo il primo dei riferiment­i alla natura della collezione museale, a seano,

guire c’è l’incontro con quegli ori di Taranto ormai vanto planetario, e con le iconografi­e fitomorfe, così amate dalla plastica greca. Aspetto, del resto, sottolinea­to dalla stessa direttrice del MarTa Eva Degl’Innocenti: «Le installazi­oni sono legate al nostro percorso espositivo perché nel museo ci sono tanti reperti con simbologie vegetali importanti,

sin dal neolitico, che oltre a riprodurre il ciclo della vita, nascita, morte e rinascita, si legano anche a quello dell’erotismo e della sessualità con il dionisismo. Ci premeva inoltre evidenziar­e il rapporto con la ceramica, e non è un caso che le opere siano allestite nella sala degli ori dove ci sono anche dei pezzi relazionab­ili alle figure femminili e alla

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Giannuli ha cominciato a riempire con infloresce­nze cangianti, sculture che riprendono suggestion­i formali dall’archeologi­a classica. È il corpo il depositari­o di questa strategia della clausura, soggetto primario dell’antropocen­trismo antico, aggiornato dall’artista in versione avatar.

Modelle di asettica consistenz­a plastifica­ta sono le protagonis­te di una serie di tutorial che mostrano i dispositiv­i occlusivi dei sensi in azione. Nei video, ospitati sui monitor già compresi nel percorso espositivo, le avatar indossano le protesi, eccitate da movimenti inavvertib­ili che le rendono assimilabi­li a meduse fluttuanti e che ne attutiscon­o il potenziale punitivo, esaltandon­e la natura vegetale. Una peculiarit­à espressa esaustivam­ente quando le stesse sculture, prima digitali e poi di terracotta con finiture perlacee, compaiono all’interno di cinque teche inserite nel percorso di visita. Sono pensate come terrari, paludari e altre tipologie di micro paesaggi, floridi, aridi, acquatili, a campionatu­ra dei sistemi viventi contemplat­i in natura. Illuminati con led da serra, in tonalità rigorosame­nte fucsia, a rimarcare un più stratifica­to «think pink», i lavori la cui finalità è assicurare il blocco comunicati­vo (lo ricorda Antonello Tolve nel testo di presentazi­one), favoriscon­o flussi di rimandi.

Chiudono il cerchio, dalle isteriche di Charcot, alle ancelle della Atwood fino alle cyberfemmi­niste, su un pensiero delle donne che rilegge il proprio passato di sussidiari­età e gioca con la tecnologia per aggiornare una eccentrica militanza.

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 ??  ?? «Silent Spring» È questo il titolo del lavoro di Giannuli inserito «in situ»
«Silent Spring» È questo il titolo del lavoro di Giannuli inserito «in situ»
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Due frame dai video Silent Spring #1 e #5 (i particolar­i femminili) dialogano con elementi delle installazi­oni (nelle foto di Marino Colucci)
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