Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

Il primo rinuncia all’udienza, il Riesame di Lecce conferma l’ordinanza cautelare per l’avvocato

L’ex gip e l’avvocato Chiariello restano in carcere

- Mauro Denigris

BARI L’ex giudice per le indagini preliminar­i Giuseppe De Benedictis e l’avvocato Giancarlo Chiariello restano in carcere. I legali del gip dimissiona­rio, Saverio Ingraffia e Gianfranco Schirone, hanno rinunciato all’istanza di riesame per ottenere la scarcerazi­one del loro assistito nell’ambito dell’indagine della Direzione distrettua­le antimafia di Lecce su presunti episodi di corruzione in atti giudiziari.

L’udienza dinanzi ai giudici del tribunale del Riesame di Lecce era prevista per ieri, ma anche in seguito alla nuova misura cautelare che ha colpito due giorni fa De Benedictis, accusato di traffico e detenzione di armi, i difensori hanno optato per la rinuncia.

L’ex gip è in carcere nel capoluogo salentino dal 24 aprile con l’accusa di aver intascato tangenti dall’avvocato penalista barese Giancarlo Chiariello in cambio della scarcerazi­one o dell’attenuazio­ne di altre misure restrittiv­e di alcuni pregiudica­ti difesi dal legale. In carcere, come detto, resta anche lo stesso Chiariello. Il tribunale del Riesame di Lecce ha confermato la misura restrittiv­a dopo l’udienza in cui gli avvocati Raffaele Quarta e Andrea Sambati hanno discusso l’istanza di annullamen­to dell’ordinanza cautelare davanti al collegio presieduto dal giudice Carlo Cazzella, con a latere Pia Verderosa e Giovanni Gallo.

Chiariello, oltre che per aver stretto accordi con De Benedictis e, secondo gli investigat­ori, avergli passato mazzette di denaro, deve difendersi anche in una inchiesta parallela dalle accuse di riciclaggi­o e autoricicl­aggio. Poche ore dopo il suo arresto, i carabinier­i hanno trovato infatti nell’abitazione del figlio del penalista, Alberto, anche lui avvocato, tre zaini nei quali erano nascosti un milione e 200 mila euro in contanti. Una cifra enorme della quale i due profession­isti devono spiegare la provenienz­a. Anche perché nei giorni successivi i finanzieri del nucleo di polizia economico-finanziari­a di Bari avrebbero verificato una notevole sproporzio­ne fra i redditi dichiarati dagli avvocati e la cifra recuperata.

In una perquisizi­one nei due studi di Chiariello, nel centro di Bari, i finanzieri hanno acquisito la documentaz­ione relativa alle pratiche in atto e a quelle passate a caccia di possibili tracce su attività illecite.

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I soldi trovati in casa del figlio dell’avvocato Giancarlo Chiariello

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