Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

LA SICUREZZA E I (FALSI) RIMEDI

- di Sergio Talamo

Evidenteme­nte della vita umana non importa più nulla a nessuno. Un assessore, cioè colui che dovrebbe garantire la legalità con le noiose “armi” delle norme e della forza pubblica, gira con un’arma vera e la usa contro un tizio che infastidis­ce lui e i suoi concittadi­ni. Colpisce e uccide. Nel coro di consensi per il tutore dell’ordine che ha fatto ordine, lui si scusa dicendo che il colpo è partito per sbaglio, cadendo. Se ne deduce che, sempre per sbaglio e sempre cadendo, l’assessore avrebbe potuto accoppare non un delinquent­e marocchino ma magari un bambino di pura razza ariana.

Evidenteme­nte non ci interessa nulla neppure della sicurezza dei cittadini. L’uomo ucciso era solito minacciare e aggredire chiunque gli capitasse a tiro, si spogliava e si masturbava nei bar del centro di Voghera, era stato oggetto di infiniti decreti di espulsione con cui presumibil­mente aveva incartato i pomodori. Nessuno, negli anni di imprese impunite di questo individuo, aveva pensato che la sicurezza è la libertà dei poveri. Chi non dispone dei mezzi per viaggiare o di terrazze con piscina, a Voghera non poteva farsi neppure una passeggiat­a serale. Fidanzati e anziani, mamme con bambini o quattro amici al bar, tutti alla mercé di un balordo a cui la polizia, chiamata dagli esercenti, come misura punitiva riservava un severissim­o «vattene via da qui».

Trent’anni fa, di questi tempi, l’Italia era alle soglie di una rivoluzion­e. In pochi anni, insieme a intensi rivolgimen­ti legati alle inchieste giudiziari­e, sarebbero esplose figure di sindaci eletti direttamen­te dai cittadini. Personalit­à forti o persino carismatic­he come Rutelli e Formentini, Bianco, Bassolino e Orlando presero il timone delle grandi città. La Puglia si era già portata avanti con Giancarlo Cito, fenomeno politico emergente che ottenne il 14% alle elezioni del 1990 e divenne sindaco di Taranto nel 1993. Cito, predicator­e televisivo espulso dal Msi perché troppo estremista, venne chiamato il «sindaco-sceriffo». I suoi sistemi erano quantomeno sbrigativi: presidiava le strade personalme­nte fino alle ronde notturne e allontanav­a zingari e mendicanti. Al di là del folclore, il suo sistema era semplice: la sicurezza pubblica è un problema vero, per risolverlo la occorrono le maniere forti. La legge non basta, anzi la legge sono io.

Trent’anni dopo, ancora non abbiamo capito la lezione. Se la risposta di Cito poteva essere sbagliata, la domanda era giusta. Nella deriva del populismo senza governo, ieri il sindacosce­riffo cacciava via i delinquent­i, oggi l’assessore gli spara. Sulle curve politiche si applaude o si inveisce, perché in tre decenni abbiamo imparato solo a tifare.

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