Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
Da oasi del turismo a regni del degrado
Villaggi abbandonati, investitori fuggiti: l’amara sorte di Twiga e Colonia Scarciglia
I villaggi turistici dovevano sorgere a Otranto e Leuca. Ma oggi, a distanza di anni, il Twiga Beach Club e l’ex Colonia Scarciglia sono l’emblema del degrado in cui una giustizia lumaca può trasformare progetti di sviluppo e far scappare gli imprenditori, come hanno fato Briatore e Colaninno. Il Twiga è sotto sequestro da più di quattro anni e il processo è nella fase dibattimentale. Giudizio chiuso, invece, per il secondo, senza alcuna condanna.
LECCE Il Twiga Beach Club di Otranto doveva essere il tempio del turismo vip del Salento. Sotto sequestro da più di quattro anni, è oggi il manifesto del degrado e di una giustizia che procede col passo lento del calesse, piuttosto che alla velocità del Frecciarossa, per dirla con la metafora usata di recente dalla Guardasigilli Marta Cartabia, alle prese con la riforma della macchina giudiziaria. Era il 16 maggio 2017 quando scattarono i sigilli, per presunti abusi edilizi, al lido otrantino che avrebbe dovuto portare il marchio del lusso coniato da Flavio Briatore. Il processo, iniziato tre anni dopo, il 18 maggio 2020, oggi è ancora nella fase dibattimentale, con all’attivo due udienze e qualche rinvio. Gli imputati sono Pierpaolo Cariddi, progettista e attuale sindaco di Otranto, Raffaele De Santis, legale rappresentante della società Cerra srl, committente dei lavori, ed Emanuele Maggiulli, dirigente dell’Ufficio tecnico comunale.
Nel frattempo il cantiere è divenuto un monumento all’abbandono in un contesto naturalistico di pregio, dove la società Cerra aveva già realizzato l’80% delle opere previste da un investimento complessivo di oltre quattro milioni di euro. La struttura è invasa dai rovi, fatiscente. Senza voler entrare nel merito della vicenda giudiziaria e delle caratteristiche del progetto, resta un fatto che Briatore, dopo il sequestro, ha ritirato la disponibilità a concedere il marchio, abbandonando l’idea di investire nel Salento. Così come è un fatto che Roberto Colaninno fece retromarcia rispetto all’idea di trasformare il rude-. re della ex Colonia Scarciglia di Santa Maria di Leuca in un hotel a cinque stelle. Accadde dopo l’inchiesta giudiziaria che, anche in questo caso per presunti reati edilizi, travolse la società proponente «Apuliae spa», partecipata dal finanziere mantovano, oggi presidente di Piaggio. Al sequestro del cantiere, avvenuto nel 2005, seguì il processo conclusosi nel 2009 senza nessuna condanna. La ex Colonia Scarciglia è anch’essa emblema del degrado, una ferita aperta in un luogo di grande bellezza paesaggistica. «È un peccato che imprenditori di spessore vadano via dal Salento – dice il presidente della sezione Turismo di Confindustria Lecce, Giovanni Serafino Ciò succede non solo per i tempi lunghi della giustizia in caso di inchieste, ma anche a causa delle lungaggini burocratiche. Le imprese, per avviare un’attività, devono avere tempi brevi e certi. Il Twiga e la ex Colonia Scarciglia sono due opportunità perse. Si potevano creare nuovi prodotti turistici, senza contare le possibilità occupazionali».
Luciano Cariddi, fratello dell’attuale primo cittadino di Otranto, è stato sindaco della città dal 2007 al 2017, anni in cui il Consiglio comunale approvò i progetti di accesso al mare, tra cui quello riguardante il Twiga. Dice: «Gli imprenditori che avevano proposto iniziative a Otranto sono andati in difficoltà e adesso i siti risultano abbandonati a sé stessi, danneggiati, invasi dalla vegetazione spontanea che non viene più governata e mantenuta. Vale per il Twiga e vale anche per il Dolce Riva, altra struttura sequestrata. Come amministratori, siamo rimasti stupiti dall’iniziativa giudiziaria – insiste Luciano Cariddi - su progetti inseriti nel Piano regolatore generale già adottato da un trentennio. Non erano, dunque, novità urbanistiche». Pietro Quinto, già presidente della Camera amministrativa distrettuale delle province di Lecce, Brindisi e Taranto, e decano degli avvocati salentini, osserva: «In via generale posso dire che i tempi attuali della giustizia sono inaccettabili. Prima che il pm formuli la richiesta di archiviazione o di rinvio a giudizio, molto spesso passano due anni. Quelli che oggi contestano la riforma Cartabia mi fanno arrabbiare, dovrebbero capire che non ci sono bacchette magiche. La riforma è necessaria e mentre mettersi di traverso è sbagliato».
Giovanni Serafino Erano importanti progetti I processi lunghi e la burocrazia hanno stoppato le opere
Pietro Quinto I tempi attuali dei processi sono inaccettabili Più che mai oggi la riforma è davvero necessaria