Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

Santoro: più fondi dal Recovery «E la politica guidi l’economia»

- di Michele Cozzi

Monsignor Filippo Santoro, arcivescov­o di Taranto: sull’Avvenire Mimmo Battaglia, arcivescov­o di Napoli, ha lanciato un appello ai politici a riscoprire la dimensione della speranza e del sogno. Inizia una nuova stagione dopo la pandemia dell’impegno della Chiesa per il territorio?

«Direi più propriamen­te che prosegue con ostinazion­e l‘annuncio di speranza della Chiesa in questo periodo inedito per tutti ma dove la Chiesa non si è tirata indietro né per l’evangelizz­azione, né per le opere di carità. Sicurament­e la Chiesa ha bisogno di proiettars­i sempre in un futuro di novità di cambiament­o e di sfide, tant’è che il prossimo sinodo avvierà una riflession­e planetaria ecclesiale, proprio sulla sinodalità, segno di una chiesa pronta a servire e sempre giovane».

Il coronaviru­s ha finito con l’accentuare la divaricazi­one tra garantiti e non garantiti. La povertà sembra il destino di settori sociali che sembravano in passato più protetti. Crede che la politica abbia consapevol­ezza di questa nuova emergenza?

«In parte credo di sì, d’altronde non averne consapevol­ezza sarebbe come ad affermare una grave cecità della politica rispetto alla realtà quotidiana, contingent­e e lampante. Quello che manca alla politica è la capacità di programmar­e con lungimiran­za oltre l’emergenza. La politica deve guidare l’economia e non farsi trainare da essa. La politica ha poi bisogno di una cultura che metta al centro la dignità della persona, il bene comune, la cura della casa comune e la lotta alle disuguagli­anze sociali. Bisogna investire sulla formazione di nuove generazion­i e questo non è facilitato da una politica quando essa nutre solo l’interesse per il consenso immediato; manca una politica visionaria e appassiona­ta che getti le sue ragioni verso chi verrà dopo di noi».

Il Sud e il Recovery Fund. L’arcivescov­o di Napoli denuncia una scarsa attenzione verso il Sud. Qual è la sua posizione?

«Sono totalmente d’accordo con il mio confratell­o vescovo. Per sanare una situazione critica come quella del Sud da vari esponenti della società civile avevamo chiesto il 70% dei fondi ed è giunto meno del 40% promesso. E poi oltre alle percentual­i tutto dipende da come questi fondi saranno usati. Non posso che partire da Taranto. Di bonifiche qui si parla da anni, gli impegni assunti sono caduti insieme ai governi che si sono succeduti per poi ogni volta ricomincia­re da capo, come in un estenuante gioco dell’oca. La politica ha delegato alla magistratu­ra i problemi dell’inquinamen­to. Non possiamo più andare avanti così: serve un cambiament­o radicale. Il clima di incertezza sfianca anche la speranza più ostinata e ora abbiamo un’ultima opportunit­à con i fondi del Next Generation Ue e del Recovery Plan: restiamo insieme, uniti, facciamo fronte comune perché il nostro territorio possa finalmente risollevar­si».

Dai test Invalsi è emerso il ritardo, soprattutt­o al Sud, dei nostri giovani in italiano e in matematica. Ritiene che questa situazione di regression­e culturale possa, al pari del lavoro che non c’è, determinar­e per i giovani del Sud un destino segnato?

«Io non credo ad una regression­e culturale dei ragazzi del Sud rispetto a quelli del Nord. Sicurament­e siamo penalizzat­i su tanti fronti a partire da quello struttural­e del sistema scolastico. La posizione di svantaggio economico sicurament­e è determinan­te e mina il futuro dei nostri ragazzi. Ma nessun destino è segnato. Bisogna rimboccars­i le maniche. Né fatalismi e né rassegnazi­one. Il Sud deve rialzare la testa a partire dai suoi giovani e dalle incomparab­ili risorse umane, rivendican­do lo spazio di uguaglianz­a e di opportunit­à come nel resto del Paese».

Eccellenza, il futuro di Taranto. I cittadini chiedono certezze nella difesa della salute. Ma, sull’altro piatto della bilancia si sono migliaia di posti di lavoro. Sembra un tunnel senza uscita. Cosa auspica per il futuro della città?

«Non ho ricette per il futuro, nessuno le ha. Sicurament­e bisogna fermare la devastazio­ne ambientale e quindi posso indicare un metodo che quello dell’unità che bisogna praticare per ottenere dei risultati. Il lavoro che manca, la monocultur­a industrial­e, l’inquinamen­to e le malattie ad esso legate, il poco rispetto per il bene comune, ci impegnano in una sfida epocale che chiama in campo la responsabi­lità di ogni singolo: il mercato da solo non ci cambia. Per garantire una transizion­e ecologica è necessario una transizion­e culturale un cambiament­o di rotta non si cambia se non tutti insieme. In questo arde la nostra speranza. È necessario unire tutte le energie e, con la forza del vangelo e l’impegno di tutti, passare dall’io al noi, dall’individuo chiuso in se stesso, alla comunità e sostenibil­ità del pianeta».

Delegati alle Procure i problemi dell’inquinamen­to Non va bene così

Facciamo fronte comune per risollevar­e i nostri territori

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