Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
Santoro: più fondi dal Recovery «E la politica guidi l’economia»
Monsignor Filippo Santoro, arcivescovo di Taranto: sull’Avvenire Mimmo Battaglia, arcivescovo di Napoli, ha lanciato un appello ai politici a riscoprire la dimensione della speranza e del sogno. Inizia una nuova stagione dopo la pandemia dell’impegno della Chiesa per il territorio?
«Direi più propriamente che prosegue con ostinazione l‘annuncio di speranza della Chiesa in questo periodo inedito per tutti ma dove la Chiesa non si è tirata indietro né per l’evangelizzazione, né per le opere di carità. Sicuramente la Chiesa ha bisogno di proiettarsi sempre in un futuro di novità di cambiamento e di sfide, tant’è che il prossimo sinodo avvierà una riflessione planetaria ecclesiale, proprio sulla sinodalità, segno di una chiesa pronta a servire e sempre giovane».
Il coronavirus ha finito con l’accentuare la divaricazione tra garantiti e non garantiti. La povertà sembra il destino di settori sociali che sembravano in passato più protetti. Crede che la politica abbia consapevolezza di questa nuova emergenza?
«In parte credo di sì, d’altronde non averne consapevolezza sarebbe come ad affermare una grave cecità della politica rispetto alla realtà quotidiana, contingente e lampante. Quello che manca alla politica è la capacità di programmare con lungimiranza oltre l’emergenza. La politica deve guidare l’economia e non farsi trainare da essa. La politica ha poi bisogno di una cultura che metta al centro la dignità della persona, il bene comune, la cura della casa comune e la lotta alle disuguaglianze sociali. Bisogna investire sulla formazione di nuove generazioni e questo non è facilitato da una politica quando essa nutre solo l’interesse per il consenso immediato; manca una politica visionaria e appassionata che getti le sue ragioni verso chi verrà dopo di noi».
Il Sud e il Recovery Fund. L’arcivescovo di Napoli denuncia una scarsa attenzione verso il Sud. Qual è la sua posizione?
«Sono totalmente d’accordo con il mio confratello vescovo. Per sanare una situazione critica come quella del Sud da vari esponenti della società civile avevamo chiesto il 70% dei fondi ed è giunto meno del 40% promesso. E poi oltre alle percentuali tutto dipende da come questi fondi saranno usati. Non posso che partire da Taranto. Di bonifiche qui si parla da anni, gli impegni assunti sono caduti insieme ai governi che si sono succeduti per poi ogni volta ricominciare da capo, come in un estenuante gioco dell’oca. La politica ha delegato alla magistratura i problemi dell’inquinamento. Non possiamo più andare avanti così: serve un cambiamento radicale. Il clima di incertezza sfianca anche la speranza più ostinata e ora abbiamo un’ultima opportunità con i fondi del Next Generation Ue e del Recovery Plan: restiamo insieme, uniti, facciamo fronte comune perché il nostro territorio possa finalmente risollevarsi».
Dai test Invalsi è emerso il ritardo, soprattutto al Sud, dei nostri giovani in italiano e in matematica. Ritiene che questa situazione di regressione culturale possa, al pari del lavoro che non c’è, determinare per i giovani del Sud un destino segnato?
«Io non credo ad una regressione culturale dei ragazzi del Sud rispetto a quelli del Nord. Sicuramente siamo penalizzati su tanti fronti a partire da quello strutturale del sistema scolastico. La posizione di svantaggio economico sicuramente è determinante e mina il futuro dei nostri ragazzi. Ma nessun destino è segnato. Bisogna rimboccarsi le maniche. Né fatalismi e né rassegnazione. Il Sud deve rialzare la testa a partire dai suoi giovani e dalle incomparabili risorse umane, rivendicando lo spazio di uguaglianza e di opportunità come nel resto del Paese».
Eccellenza, il futuro di Taranto. I cittadini chiedono certezze nella difesa della salute. Ma, sull’altro piatto della bilancia si sono migliaia di posti di lavoro. Sembra un tunnel senza uscita. Cosa auspica per il futuro della città?
«Non ho ricette per il futuro, nessuno le ha. Sicuramente bisogna fermare la devastazione ambientale e quindi posso indicare un metodo che quello dell’unità che bisogna praticare per ottenere dei risultati. Il lavoro che manca, la monocultura industriale, l’inquinamento e le malattie ad esso legate, il poco rispetto per il bene comune, ci impegnano in una sfida epocale che chiama in campo la responsabilità di ogni singolo: il mercato da solo non ci cambia. Per garantire una transizione ecologica è necessario una transizione culturale un cambiamento di rotta non si cambia se non tutti insieme. In questo arde la nostra speranza. È necessario unire tutte le energie e, con la forza del vangelo e l’impegno di tutti, passare dall’io al noi, dall’individuo chiuso in se stesso, alla comunità e sostenibilità del pianeta».
Delegati alle Procure i problemi dell’inquinamento Non va bene così
Facciamo fronte comune per risollevare i nostri territori