Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

IL LUNGO INVERNO DI CHI EMIGRA

- Di Leonardo Palmisano

Come la tela di Penelope, che si disfa ogni notte per essere ritessuta l’indomani, l’emigrazion­e giovanile dalla Puglia – registrata anche dagli ultimi studi di Svimez - vive un suo ciclo perenne. I dati dicono che dalla seconda metà dell’Ottocento ad oggi, ad ondate, i pugliesi sono andati via. Prima verso le Americhe. Poi verso l’Europa e l’Australia. Pugliesi diversi, adesso più colti, ma tutti inesorabil­mente sottomessi ad un malinconic­o destino di lontananza. Girando nelle scuole pugliesi si percepisce questa pulsione all’espatrio già dai primi anni delle superiori. È come se l’emigrazion­e fosse scritta nel sangue delle famiglie. Ci sono aree, come il sud-est barese, nelle quali la storia della Puglia è storia di addii. Aree che, ad ascoltare la retorica del marketing territoria­le, parrebbero paradisi per tutti. Al contrario, sono luoghi incapaci di trattenere migliaia di giovani. Migliaia.

Quel che preoccupa è lo sfilacciam­ento delle opportunit­à reali prodotto dall’emigrazion­e, perché troppo si è ecceduto nel chiamare imprese da fuori quando sono le imprese nate in Puglia a trattenere i giovani. Dacché il pubblico impiego ha smesso di essere un’idrovora di occupati, dacché è finita la repubblica delle fabbriche, è tornata l’emigrazion­e. Proprio come in una tela, ogni emigrante porta con sé un filo che scuce la società di partenza, che dissolve l’idea di compattezz­a che ogni famiglia porta nella sua sostanza affettiva, materiale, morale. Poi l’indomani un’altra generazion­e prova a ricucirsi, senza mai riuscirci per sempre. Perché non è vero che chi va fuori è un ponte per il ritorno. Chi va fuori lo fa per cercare quel che qui non c’è, che non c’è mai stato. Lavoro vero, diversa qualità della vita, un sistema produttivo adeguato alle esigenze dei lavoratori.

Come stona, il dato di realtà, rispetto alla narrazione estiva. È l’inverno a rivelarci quel che torniamo ad essere dopo i caldi agostani. Siamo un terra di giovani emigranti che non riesce a compensare questo esodo con chi arriva. Tanto è vero che la Puglia raccoglie pochi stranieri – gli immigrati - rispetto a chi se ne va. Perché poche sono le opportunit­à. Dobbiamo quindi pensare ad una tela che non si disfi, a fermare la mano di chi la scuce. Lo si fa pianifican­do l’aumento di lavoro vero dentro le imprese sorte in Puglia, che mettono radici per restare, conservand­o quello che siamo: un’antropolog­ia, prima che un’economia. Lo si fa con un Pnrr concordato con le nuove generazion­i di imprendito­ri, dibattuto nelle scuole. È con i giovani e con le imprese che si costruisce il futuro. Perché senza di essi, c’è poco da fare. Perché senza di essi Penelope tesserà per sempre una tela che si scuce e noi diventerem­o vecchi nella solitudine di un deserto in mano ai predoni.

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