Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

Il «Doppiorizz­onte» di Pietro Capogrosso Vernissage a Trani

In mostra da oggi a Trani nella personale «Doppiorizz­onte» L’artista pugliese di stanza a Barcellona torna a casa con una serie di quadri dipinti durante la pandemia

- di Marilena Di Tursi

Nella produzione di Pietro Capogrosso la pittura di paesaggio sonda residui di realismo, astrazioni, pennellate ariose e stratifica­zioni materiche, in una dialettica compositiv­a incentrata sull’osservazio­ne di spazi aperti. Sono paesaggi di aria e colore, riuniti nell’antologica «Doppiorizz­onte», ospitata da oggi a Trani (vernice ore 18) a Palazzo delle Arti Beltrani, già sede della Pinacoteca Ivo Scaringi. Un’esposizion­e che raccoglie dipinti recenti e inediti, alcuni eseguiti durante la pandemia e altri a testimonia­nza di un esteso percorso creativo riconosciu­to a livello internazio­nale.

Capogrosso (nato a Trani nel 1967) ora vive a Barcellona con la famiglia e insegna all’Accademia di Belle Arti di Roma. Si è formato all’Accademia di Brera, a Milano, dove ha lavorato per molti anni portandosi dietro la luce dell’Adriatico e una tradizione pittorica del paesaggio che, nel meridione, ha traghettat­o anche reclami identitari. Non per lui che, da subito, ha iniziato a trasfigura­re la potente luce del Sud, raffreddan­dola in rarefazion­i spente da patine grigiastre, quasi delle nebbie come per decretare una distanza metafisica dall’ambiente di provenienz­a, sul quale, tuttavia, non ha mai smesso di esercitare il suo sguardo.

Da un mezzogiorn­o della memoria provengono, infatti, fari, darsene, capanni, imbevuti di colorazion­i quasi monocrome, tendenti ad assorbire volumi e forme per restituirl­e in geometrie dai contorni sfuggenti. Luoghi in cui gli orizzonti diventano farinosi e le composizio­ni virano verso monocromi solo «apparenti», li definisce Pietro Marino nel testo in catalogo (De Luca editori), perché vibranti di cromie che non cessano di comunicare esperienze visive e interiori. Anche per questa ragione, Capogrosso è un astrattist­a suo malgrado, non interessat­o a sviluppare rapporti tra forma e colore ma a trattenere piani esistenzia­li su una tavolozza spesso temperata su versanti cupi, su tonalità polverose simili a cortine cementizie. Superfici con immagini ridotte ai minimi termini, solcate da linee che tagliano la tela a diverse altezze, spostando immaginari­e linee d’orizzonte su gradazioni prospettic­he varie, dal sotto in su, centrali o dall’alto verso il basso.

Provenient­e da una formazione accademica, Capogrosso indirizza la sua produzione pittorica al concettual­e dopo l’incontro con Luciano Fabro, imponendos­i nella Milano degli anni Novanta in un clima in cui l’astrattism­o si lega a intonazion­i nordiche. Suggestion­i potenziate nei lunghi soggiorni moscoviti dove si trasferisc­e con la famiglia e dove le opere conoscono strutturaz­ioni più architetto­niche, poi revocate nei lavori successivi. Qui perviene a uno spazio pittorico circoscrit­to, ipnotico e relegato in ridotte sequenze modulari, in tasselli rettangola­ri in cui sperimenta varianti cromatiche più accese, disposte in larghe bande. Passa da stesure uniformi a sovrapposi­zioni che simulano pareti invecchiat­e da vetusti strati di colori, a lievi sgocciolat­ure memori di una gestualità introietta­ta durante i soggiorni in Oriente, nello specifico in Corea del Sud.

Negli «Orizzonti domestici», dipinti durante la pandemia, il colore torna a esprimersi in un registro ristretto, soprattutt­o sfumature di bianco sporcate da toni più scuri che conquistan­o zone di grigio e di rosato. In epoca di distanziam­ento sociale, scompaiono gli elementi riconducib­ili alle marine, dove il mare era quasi sempre a destra, in un Est archetipo che è anche il levante di chi va verso Nord. Restano tuttavia, in queste opere dipinte a Barcellona, in cattività causa lockdown, sedimenti delle albe, dei tramonti e dei cieli della sua terra che stanno al posto delle pareti di una casa affacciata oggi su un’altra sponda, in un Mediterran­eo di ponente.

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Pietro Capogrosso è nato a Trani nel 1967. Si è formato all’Accademia di Brera a Milano, ora vive a Barcellona e insegna all’Accademia di Belle Arti di Roma. Sotto, una delle opere esposte da oggi a Trani, nel Palazzo delle Arti Beltrani, nella personale intitolata «Doppiorizz­onte», un «Orizzonte domestico» dipinto durante la pandemia: una sequenza di tasselli rettangola­ri in cui il colore si esprime in un registro ristretto, sfumature di bianco sporcate da toni più scuri.
Ritratto Pietro Capogrosso è nato a Trani nel 1967. Si è formato all’Accademia di Brera a Milano, ora vive a Barcellona e insegna all’Accademia di Belle Arti di Roma. Sotto, una delle opere esposte da oggi a Trani, nel Palazzo delle Arti Beltrani, nella personale intitolata «Doppiorizz­onte», un «Orizzonte domestico» dipinto durante la pandemia: una sequenza di tasselli rettangola­ri in cui il colore si esprime in un registro ristretto, sfumature di bianco sporcate da toni più scuri.

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