Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
● SBAGLIANDO S’IMPARA MA NOI PRETENDIAMO LA PERFEZIONE DAI NOSTRI FIGLI
Tú Sí Que Vales. A casa. Tutte le volte che sei capace di cose impossibili, anche al limite delle tue possibilità. Perché io devo renderti la vita impossibile. Fare di te qualcuno. Se balli come quella di Amici, altrimenti non dire manco che vai a scuola di danza. Se vinci la partita a calcetto con gli amici di squadra e fai goal. Tu non puoi essere perdente come gli altri. Neanche come tuo cugino che, hai visto, va al liceo. Tu non puoi accontentarti di un istituto professionale, cosa vuoi che dicano i tuoi zii? La figura la facciamo noi, che siamo i tuoi genitori. Mi raccomando a scuola, non portarmi meno di 8. Non voglio manco saperlo, se prendi un voto inferiore. Sto per incontrare i tuoi professori ai colloqui, non fare che faccia figure! A scuola. Ma hai studiato? A me non sembra. Sei sicura delle cose che dici? Se questo ti sembra un modo idoneo per dirmi quattro stupidaggini. Studi poco, e il voto che ti meriti è questo. Ma quando potrò dire di averti messo un bell’8? Sei sempre la solita. In questa scuola abbiamo tante eccellenze. Quello è il voto che ti meriti. Perché, quanto pensi di valere? Con gli amici. Ma che c. di scarpe hai? Oh, ma indossi sempre quella maglia, in settimana e fino alla domenica. Il fine settimana senza paghetta non si può sentire. Ti presenti il sabato sera in jeans? Che fai, ti aggreghi o resti a casa in Dad? È dura per un adolescente competere. A casa, quando si è figli unici o quando mamma e papà durante gli incontri scuola-famiglia, usano un ritornello comune: «l’altro figlio era bravo, non mi ha dato mai problemi», magari ripetuto dinanzi al figlio «scadente». Perché, per i genitori, i figli che valgono sono quelli che non danno problemi. Ma guai se gli adolescenti non dessero grattacapi ai loro genitori, crescerebbero spensierati e senza alcun dubbio di crescere male. Come accade anche a scuola, dove è sempre meno permesso imparare a imparare. Sbagliando. La logica è la stessa della tv, quella di tu sì che vali, se sei un’eccellenza, se hai la media del… E non piuttosto la casa, la famiglia, la strada, dove ai nostri figli, studenti, bambini e ragazzi, insegniamo la possibilità di irrobustirsi, insegnandogli a superare i momenti di debolezza e di caduta. Insegnandogli a vivere le emozioni, anche peggiori, in quanto tali. Che lo sbaglio è l’unico compito in casa, in classe e nella vita per essere forti, come le canne al vento della Deledda. Cresceremmo figli meno fragili. Adolescenti che non decidono di farla finita, per un voto immeritato. Per un paio di pantaloni rosa, indossati in classe, senza giudizio da parte di nessuno, almeno a scuola. E se a casa cresciamo figli, sempre più riflesso di ciò che noi adulti siamo, perfetti e sempre composti, a scuola è necessario incontrare la scompostezza, per insegnarsi che si vale sempre, in quanto esseri perfettibili. A prescindere dai numeri e dai voti che si ottengono. Perché, altrimenti, nel caso della scuola e di tante famiglie, sarebbe valido quel reality, quello vero: del