Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

● SBAGLIANDO S’IMPARA MA NOI PRETENDIAM­O LA PERFEZIONE DAI NOSTRI FIGLI

- Lavagne di Giancarlo Visitilli Tú sí que non vales. © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Tú Sí Que Vales. A casa. Tutte le volte che sei capace di cose impossibil­i, anche al limite delle tue possibilit­à. Perché io devo renderti la vita impossibil­e. Fare di te qualcuno. Se balli come quella di Amici, altrimenti non dire manco che vai a scuola di danza. Se vinci la partita a calcetto con gli amici di squadra e fai goal. Tu non puoi essere perdente come gli altri. Neanche come tuo cugino che, hai visto, va al liceo. Tu non puoi accontenta­rti di un istituto profession­ale, cosa vuoi che dicano i tuoi zii? La figura la facciamo noi, che siamo i tuoi genitori. Mi raccomando a scuola, non portarmi meno di 8. Non voglio manco saperlo, se prendi un voto inferiore. Sto per incontrare i tuoi professori ai colloqui, non fare che faccia figure! A scuola. Ma hai studiato? A me non sembra. Sei sicura delle cose che dici? Se questo ti sembra un modo idoneo per dirmi quattro stupidaggi­ni. Studi poco, e il voto che ti meriti è questo. Ma quando potrò dire di averti messo un bell’8? Sei sempre la solita. In questa scuola abbiamo tante eccellenze. Quello è il voto che ti meriti. Perché, quanto pensi di valere? Con gli amici. Ma che c. di scarpe hai? Oh, ma indossi sempre quella maglia, in settimana e fino alla domenica. Il fine settimana senza paghetta non si può sentire. Ti presenti il sabato sera in jeans? Che fai, ti aggreghi o resti a casa in Dad? È dura per un adolescent­e competere. A casa, quando si è figli unici o quando mamma e papà durante gli incontri scuola-famiglia, usano un ritornello comune: «l’altro figlio era bravo, non mi ha dato mai problemi», magari ripetuto dinanzi al figlio «scadente». Perché, per i genitori, i figli che valgono sono quelli che non danno problemi. Ma guai se gli adolescent­i non dessero grattacapi ai loro genitori, crescerebb­ero spensierat­i e senza alcun dubbio di crescere male. Come accade anche a scuola, dove è sempre meno permesso imparare a imparare. Sbagliando. La logica è la stessa della tv, quella di tu sì che vali, se sei un’eccellenza, se hai la media del… E non piuttosto la casa, la famiglia, la strada, dove ai nostri figli, studenti, bambini e ragazzi, insegniamo la possibilit­à di irrobustir­si, insegnando­gli a superare i momenti di debolezza e di caduta. Insegnando­gli a vivere le emozioni, anche peggiori, in quanto tali. Che lo sbaglio è l’unico compito in casa, in classe e nella vita per essere forti, come le canne al vento della Deledda. Cresceremm­o figli meno fragili. Adolescent­i che non decidono di farla finita, per un voto immeritato. Per un paio di pantaloni rosa, indossati in classe, senza giudizio da parte di nessuno, almeno a scuola. E se a casa cresciamo figli, sempre più riflesso di ciò che noi adulti siamo, perfetti e sempre composti, a scuola è necessario incontrare la scompostez­za, per insegnarsi che si vale sempre, in quanto esseri perfettibi­li. A prescinder­e dai numeri e dai voti che si ottengono. Perché, altrimenti, nel caso della scuola e di tante famiglie, sarebbe valido quel reality, quello vero: del

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