Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
Li altri accenti nun li sa fa’
Lui li chiama «disegnetti». In realtà quelli di Zerocalcare, nom de plume dell’artista romano Michele Rech, sono ormai da anni fumetti d’autore in divenire. Oggetti di culto tra una popolosissima schiera di fan engagé, molto a sinistra, che hanno amato prima le sue strisce, poi i libri e adesso anche il suo film di animazione, Strappare lungo i bordi. Trasmesso con successo dalla piattaforma streaming Netflix, racconta parte della sua vita, tra disagi, manie, insofferenze e persino situazioni dolorose e drammatiche. Lo fa però con autoironia e sarcasmo, dando anima ai suoi fumetti. Sei episodi lunghi una ventina di minuti, in cui l’autore si racconta ricorrendo al romanesco («li altri accenti nun li so fa’»), con espressioni colorite, qualche imprecazione e un bel po’ di parolacce che potrebbero rendere il film poco appetibile all’estero.
In ogni episodio, Zerocalcare intreccia un racconto della sua giovinezza, coinvolgendo l’amata Alice, Sarah o l’altro suo amico, Secco. Tutti con la voce dell’autore, tranne quella della sua sfaticata coscienza fatta persona, l’armadillo (doppiato da Valerio Mastandrea), vera anima della narrazione. Ogni capitolo funziona come un segmento a sé stante, come parte di un viaggio alla ricerca di sé stesso, di un sistema che gli permetta di sfuggire alle proprie angosce e alla sua sensazione di inadeguatezza. Un invito a seguire quei bordi da strappare, quella «linea tratteggiata che limita il nostro destino».
Strappare lungo i bordi è un ottimo progetto, un riff intelligente e ben scritto sulla vita moderna, capace di dire e rappresentare tutto ciò che migliaia di persone vivono o hanno vissuto. Allo stesso tempo, però, alcune battute non sempre funzionano, a volte il dialetto non ci aiuta a capirle. Bisogna però dare atto a Zerocalcare del suo stile soggettivo, capace di farci ridere e riflettere, nonostante quell’aria terribilmente malinconica.