Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
Me so’ pure commosso
La cultura di un individuo non è altro che la somma dei suoi pregiudizi, sostiene Alessandro Piperno. Tra i miei, per esempio, c’è che non amo fumetti e graphic novel. Soprattutto detesto quanti li mitizzano da adulti, eterni peter pan. Prevedendo furibonde rampogne, chiarisco che la mia è una posizione assolutamente ideologica e personale. Non mi piace nemmeno il romanesco. Il dialetto è greve, ultimamente concentrato sull’espressione «sticazzi» che ne riassume il senso (ma ho svoltato con i sottotitoli, abbassando il volume). Diffido poi della sinistra pseudo popolare, ma sostanzialmente elitaria (tipo «Propaganda live») che adora il genere (ma della quale, in qualche modo, temo di far parte anch’io, benché riluttante). Infine Zerocalcare, aderisce allo stile di vita straight edge, ambiente hardcore punk, che prevede astinenza da tabacco, alcool e droghe (vitto e sesso presumo si adeguino).
Con questi pregiudizi mi sono accostato a Strappare lungo i bordi, che invece mi è piaciuto. Anzi, me so’ pure commosso. È un viaggio nella mente dell’autore. Paure, debolezze, ossessioni di una fascia d’età tra i 30 e 40 anni, tra precarietà e inadeguatezza. Si interroga sulla sua vita, sui rapporti con gli amici del cuore Sarah e Secco, sul legame mai sbocciato con Alice, problematica fuorisede biellese. Per me, non più giovane, il ripasso di tutte le insicurezze giovanili nella convinzione che, comunque, i problemi dei giovani sono più interessanti di quelli dei vecchi, perché/finché li sentiamo ancora nostri.
Una sorta di istruzioni per l’uso della vita (parafrasando Perec). Una vita che si teme, che si ha difficoltà ad affrontare, che si scansa. Il protagonista è cintura nera in materia. Finché con la realtà non ci si scontra. Il suicidio di Alice, fallimento esistenziale soprattutto per chi resta. L’eterno senso di colpa. Strappare lungo i bordi, quindi, per tentare di non perdere il controllo della vita.