Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
Fonti rinnovabili nelle aree non idonee, giusto l’intervento della legge pugliese
Nella consueta e variegata distesa di articoli (ottantadue) di cui si compone la legge collegata al bilancio regionale approvata due settimane fa, si segnalano due disposizioni in materia di energie rinnovabili, proposte dall’assessore allo Sviluppo economico Delli Noci.
A parte qualche difetto di coordinamento, l’intervento, pur circoscritto, si lascia apprezzare sul piano del metodo e del merito. Fa tesoro di spunti emersi dal dibattito in corso da mesi, anche su queste pagine, sulle prospettive della transizione energetica. Non indugia in inconcludenti dichiarazioni di principio o intenti. Riprende e sviluppa, alla luce del decreto legislativo 199 del 2021 in vigore dal 15 dicembre, tracce presenti in precedenti testi normativi (in particolare, nella legge regionale 34 del 2019 in materia di idrogeno e di rinnovo di impianti
esistenti eolici e fotovoltaici).
Tra le numerose novità, il decreto 199 impegna le Regioni a un compito complesso. Entro giugno, un decreto ministeriale definirà la ripartizione della potenza da installare fra le Regioni e i criteri per l’individuazione delle aree idonee e non idonee all’installazione di impianti a fonti rinnovabili, con l’obiettivo di «minimizzare il relativo impatto ambientale» e «individuare superfici, aree industriali dismesse e altre aree compromesse, aree abbandonate e marginali idonee». Le Regioni avranno poi 180 giorni per individuare con legge le aree idonee.
Sul regime transitorio, nelle more di tale caratterizzazione delle aree e in linea con il decreto 199 del 2021, intervengono le due disposizioni approvate dal Consiglio regionale.
La prima consente interventi di «modifica non sostanziale» su impianti già esistenti all’interno di aree classificate
come non idonee dal regolamento regionale 24 del 2010 e dal Piano paesaggistico. Sono tali, secondo la normativa statale, gli interventi sugli impianti fotovoltaici che «non comportano variazioni delle dimensioni fisiche degli apparecchi, della volumetria delle strutture e dell’area destinata ad ospitare gli impianti», e quelli sugli impianti eolici, «realizzati nello stesso sito», che «comportano una riduzione minima del numero degli aerogeneratori» sebbene con un incremento delle loro dimensioni e potenza. Il numero delle pale deve ridursi in misura sostanzialmente proporzionale all’aumento del loro diametro: per esempio, al raddoppio del diametro dovrà corrispondere un numero di aerogeneratori ridotto, a seconda dei casi, di almeno un terzo o della metà rispetto a quelli preesistenti.
Il legislatore regionale colma ora un vuoto della sua disciplina, che nulla disponeva in merito agli interventi su impianti già esistenti in aree inidonee, e punta all’ammodernamento degli impianti, che consente di incrementare la capacità produttiva energetica valorizzando infrastrutture già disponibili, quindi senza consumare ulteriore suolo, e mitigando l’impatto su paesaggio e ambiente.
Il secondo articolo approvato dal Consiglio consente la realizzazione di impianti a fonti rinnovabili in siti oggetto di bonifica, inclusi quelli di interesse nazionale (SIN), e in siti interessati da «cave e miniere cessate, non recuperate o abbandonate o in condizioni di degrado ambientale», sebbene localizzati all’interno delle aree non idonee.
Il regime di tali siti viene così assimilato a quello delle zone industriali per le quali non c’è mai stata alcuna preclusione, con un duplice esito virtuoso. Si assicura un futuro a tali siti, con la loro riconversione in chiave produttiva. Si attiva la leva dell’iniziativa privata per porre in essere o portare a compimento attività di indagine, messa in sicurezza, ripristino o bonifica dei siti contaminati e di ripristino ambientale delle cave e miniere cessate, che la nuova disposizione richiede siano effettuate preliminarmente.
Merito e metodo sono quelli giusti, a parere di chi scrive. Da confermare anche nell’approccio alla delicata fase che attende la Regione nei prossimi mesi.