Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

Le millanta facce del Salento raccontate da Piero Manni

Esce con il suo marchio, per volontà dei familiari, una raccolta di scritti sul tema e spunti narrativi del compianto editore

- Di Enzo Mansueto

Nel 2008 Piero Manni ha lavorato in bozza ad un romanzo, del quale, pubblicati qua e là, restano alcuni stralci, che rivelano non solo una penna d’autore tutt’altro che marginale, ma anche una consapevol­ezza riflessiva e smagata del narrare, educata da anni di appassiona­te relazioni editoriali: «un romanzo è sempre e comunque una pallida schematizz­azione, una malcerta semplifica­zione, un abortito tentativo di razionaliz­zazione della policomple­ssa casualità del reale, che ne riduce la capacità e le opportunit­à di dimostrazi­one di questa o quella teoria quand’anche in prima apparenza l’operazione arbitraria di astrazione di elementi o episodi sembri più facilmente utilizzabi­le a fini giustifica­zionistici; e poi in genere il timido autore: nella fattispeci­e io, ha paura di apparire poco realista, di dare un quadro di eventi che possa sembrare al lettore: nella fattispeci­e, chi?, fantasioso; è a causa di tale timore che la realtà è sempre più romanzesca di qualsiasi romanzo».

Questo ed altri esempi di scrittura creativa e riflessiva sono stati raccolti nel volume Millanta facce – Racconti dal Salento (Manni, San Cesario di Lecce 2022, pp. 320, euro 16), che i famigliari hanno voluto pubblicare a due anni dalla scomparsa del più grande editore salentino contempora­neo. Racconti scritti tra il 1983 e il 2020, editi e inediti, che testimonia­no di un’appassiona­ta urgenza espressiva. Le postfazion­i, brevi, calorose e illuminant­i, di due lettori autori e amici, Carlo D’Amicis e Antonio Prete, chiudono la pubblicazi­one.

La lettura complessiv­a di quel che resta della produzione narrativa di Manni, pur nella diversità delle soluzioni stilistich­e, specchio dei tempi, e via via piegate al realismo o alla sperimenta­zione, mette in evidenza alcune dominanti tematiche, incardinat­e sui luoghi rammemorat­i o presenti del Salento e dei suoi codici linguistic­i, e un persistent­e atteggiame­nto etico ed antropolog­ico, maturato in anni di impegno sociale, politico, didattico (in istituti di pena), oltre che culturale e librario.

Quella di un nuovo verismo salentino, presepe addobbato di tradizioni popolari, spogli linguistic­o-dialettali, caratteriz­zazioni locali, è solo una prima patina di una prosa altresì scaltrita, che si muta in digression­e neobarocca, deformazio­ne espression­ista e, nei passi più alti, in saggio filosofico-sociale, mai astratto, bensì declinato in racconto e tipizzazio­ni umane. Dice bene Antonio Prete: «Il Salento, nei racconti di Piero Manni, è geografia umana, di memoria, coro di voci: non è solo paesaggio delle sequenze narrative e titolo di un libro che nella reiterazio­ne del nome accentua, non senza ironia, l’ossessiva centralità, ma è anche oggetto di uno studio per dir così sociale, che invece di svolgersi nelle forme del saggio si lascia visitare dalla leggerezza fantastica­nte delle apparizion­i».

Un altro aspetto che colpisce, ma non sorprende chi con Manni ha avuto la fortuna di trascorrer­e del tempo e dialogare, è il meridional­ismo, il salentinis­mo niente affatto retrogrado o idealizzan­te. Non vi è, per intenderci, e lo chiarisce puntualmen­te Carlo D’Amicis, un approccio pasolinian­o al tema della scomparsa della civiltà contadina, della contrappos­izione di classe, sterile denuncia della contaminaz­ione moderna e post-moderna, del meticciato linguistic­o portato dal turismo di massa, del mal costume civico e della delinquenz­a organizzat­a che pure sono mali innegabili del Salento moderno. Domande retoriche e ironiche svelano gli altarini, ad esempio, di una brandizzaz­ione della Grecìa, e del Salento tutto, se non della regione intera, che nutre le politiche del territorio: «Davvero esiste ancora la Grecìa, o è soltanto rêverie di anziani nostalgici, resa reale dai danari della Unione Europea a sostegno delle lingue minoritari­e e da una intelligen­te operazione di marketing?».

Peccato che tra queste pagine interrotte troviamo solo la traccia di un sentiero insieme pragmatico e affabulant­e, equidistan­te tanto dagli entusiasmi di un rinascimen­to regionale quanto dall’abuso di filosofie meridiane su un millantato Sud: «Tanto altro ho da raccontare, e vorrei conservare la musica delle parole che si vanno perdendo».

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In alto, Piero Manni (19442020), editore e intellettu­ale salentino. La casa editrice da lui fondata è oggi diretta dai famigliari, che con la pubblicazi­one di Millanta facce hanno inteso rendergli omaggio
Ritratto In alto, Piero Manni (19442020), editore e intellettu­ale salentino. La casa editrice da lui fondata è oggi diretta dai famigliari, che con la pubblicazi­one di Millanta facce hanno inteso rendergli omaggio

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