Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

SERVE UN ALTRO SEGNALE DI FORZA

- Di Alessio Viola

C’è una sfida aperta a Bari da parte dei clan mafiosi che sarebbe pericoloso sottovalut­are. La vicenda dei bar da aprire sul lungomare di San Girolamo che invece non si riescono ad aprire va al di là della mera faccenda di quartiere: bene ha fatto il sindaco Decaro a denunciare la preoccupaz­ione del Comune per i rischi di infiltrazi­oni mafiose nella faccenda. Noi pensiamo che non ci siano rischi, ma certezze. Il controllo dei clan su quel territorio è consolidat­o da anni, è una roccaforte storica dei clan come ottimament­e ha raccontato Angela Balenzano su questo giornale. Gli eventuali aspiranti alla gestione di quei bar hanno sicurament­e subito “l’imboniment­o” degli emissari dei clan, che in quel quartiere poi sono i vicini di casa di tutti. Non c’è nemmeno bisogno di minacciare, in certi contesti: basta un caffè al bar in cui si chiacchier­a del lungomare con chi aspira alla gestione per capire chi decide.

Ora. I cani stanno abbaiando forte sotto le finestre delle istituzion­i perché tutta la città capisca: il potere sono loro, sempre loro. Sui grandi appalti come su un baretto di lungomare. Non importa il possibile fatturato, roba da poco rispetto ai traffici veri dei clan. È un abbaiare che ribadisce che qui comandiamo noi e basta. Ora, sappiamo che ai cani che abbaiano non si risponde con le invasioni, e non si può occupare militarmen­te San Girolamo.

Però. Esiste una società civile oltre le istituzion­i, è il momento che si metta alla prova. Pensiamo ad un fronte unito di associazio­ni antimafia, sindacati, associazio­ni di categoria dei commercian­ti, centri sociali, e tutti i soggetti che rivendican­o spazi e agibilità in città. Il Comune si faccia promotore di questo fronte unito antimafia, sostenga queste associazio­ni e affidi loro la gestione dei bar su quel lungomare. Assicuri il sostegno e la presenza delle istituzion­i in ogni momento della vita di queste attività. Al cane che abbaia si potrà bene tirare uno scarpone in testa. Affidare quei bar ad una “associazio­ne delle associazio­ni” potrebbe diventare centro attrattivo di tante attività sociali nel quartiere, occasione di lavoro per giovani disoccupat­i, immettere nuovo sangue fresco e pulito nelle vene ingottate di un quartiere da sempre sotto il tallone dei clan. Occorre una prova di forza che oltre ad essere muscolare sia sociale nel senso più ampio: tante associazio­ni, centinaia di attivisti sarebbero un boccone troppo grosso anche per i mafiosi del lungomare nord.

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