Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
Ricorrere al salario minimo
L’economia italiana sta attraversando una fase difficile e delicata forse come mai dalla fine della seconda guerra mondiale. Occorre evitare la recessione arginando l’inflazione da costi, scongiurando l’aumento dei tassi da parte della Banca Centrale Europea.
È necessario sostenere i consumi, porre un tetto ai prezzi dell’energia, ridurre l’Iva sui beni di prima necessità, aumentare il potere di acquisto delle famiglie, sostenere i salari minimi.
Per queste ragioni diventa fondamentale anche introdurre in Italia il salario minimo.
Con riferimento a questa proposta del Movimento 5 Stelle, non registriamo riscontri dalle altre forze politiche. Il tema, nell’Unione Europea è approntato dalle singole nazioni in maniera diversa. Alcune hanno introdotto il salario minimo legale, regolato da leggi formali, altre determinati dai contratti collettivi, ovvero accordi tra sindacati e datori di lavoro. Quest’ultima forma di salario minimo esiste solamente in sei Paesi, tra cui l’Italia. Nel nostro Paese, infatti, sono previsti solamente dei minimi retributivi che sono fissati dai contratti collettivi nazionali di ogni singolo settore.
Sempre sulla questione del salario minimo, il Consiglio Ue ha dato il via libera all’avvio dei negoziati per l’introduzione del salario minimo europeo. La proposta della Commissione europea ha ricevuto parere positivo dalla riunione dei ministri del Lavoro e delle Politiche sociali dei Paesi Ue: si tratta dell’inizio formale dell’iter negoziale con l’Europarlamento.
Secondo quanto riportato dal Sole 24 Ore, nel 2021 sono 21 gli Stati dell’Unione Europea che hanno introdotto il salario minimo legale, mentre dieci Stati avrebbero uno stipendio medio minimo mensile inferiore a 700 euro.
Il governo spagnolo ha approvato l’aumento, da 965 a 1.000 euro lordi mensili, del salario minimo fissato per il 2022. L’Italia resta uno dei sei Stati membri dell’Unione europea a non avere una legge in tal senso e stando recenti dati dell’Ocse, è l’unico Paese in Europa che dal 1990 ha registrato un calo del 2,90% delle retribuzioni a parità di potere d’acquisto mentre, in Germania e Francia, i salari medi sono aumentati rispettivamente del 33,7% e del 31,1%.
Inoltre, secondo le stime dell’Inps, nel nostro Paese 4,5 milioni di lavoratori guadagnano meno di 9 euro lordi all’ora; di questi, 2,5 milioni non arrivano a 8 euro, in alcuni casi, percepiscono inaccettabili paghe da 5 o 3 euro l’ora.
Sempre secondo l’Istituto di Previdenza, sotto i 9 euro si trova il 38% dei giovani, il 16% degli over 35, il 21% degli uomini e il 26% delle donne. I settori di attività più esposti sono il turismo, la ristorazione, la logistica, i beni e le attività culturali, le attività di cura e assistenza delle persone.
Da noi il mercato del lavoro si è andato progressivamente frammentandosi, proponendo numerose varietà di forme contrattuali che finiscono per utilizzare il salario e la flessibilità come una leva di competizione alternativa alle innovazioni.
Sul fronte della contrattazione collettiva, se nel passato i contratti collettivi sono stati sinonimo di aumenti salariali e più efficace distribuzione, va considerato che negli ultimi decenni hanno progressivamente smesso di svolgere questo ruolo in molteplici settori di attività.
Il Movimento 5 Stelle dal 2013 porta avanti una battaglia per l’introduzione di una legge sul salario minimo e in passato ha già depositato due disegni di legge al Senato per introdurlo. Una legge che può essere un grande passo verso l’equa distribuzione della ricchezza. L’obiettivo da non perdere di vista assolutamente, dunque, è uno e uno solo: contrastare la cosiddetta “povertà lavorativa”. Come? Fissando una soglia minima retributiva inderogabile oltre la quale non scendere, rafforzando così la stessa contrattazione collettiva, abbattendo il dumping salariale e contrastando la concorrenza sleale.
La nostra proposta di legge da un lato rafforza la contrattazione collettiva “sana”, ponendo un freno al fenomeno dei cosiddetti “contratti pirata” e, dall’altro, fissa una soglia “di dignità”, 9 euro lordi all’ora, sotto cui la retribuzione minima dei contratti collettivi nazionali non può scendere. Per fa ciò occorre una volontà politica unitaria e compatta. La legge sul salario minimo va introdotta, subito. Il tempo delle attese è terminato. È il momento di dare una risposta perentoria alla precarietà del lavoro restituendo ad una larga fascia di italiani dignità e migliore qualità di vita.