Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

Ricorrere al salario minimo

- Di Mario Turco

L’economia italiana sta attraversa­ndo una fase difficile e delicata forse come mai dalla fine della seconda guerra mondiale. Occorre evitare la recessione arginando l’inflazione da costi, scongiuran­do l’aumento dei tassi da parte della Banca Centrale Europea.

È necessario sostenere i consumi, porre un tetto ai prezzi dell’energia, ridurre l’Iva sui beni di prima necessità, aumentare il potere di acquisto delle famiglie, sostenere i salari minimi.

Per queste ragioni diventa fondamenta­le anche introdurre in Italia il salario minimo.

Con riferiment­o a questa proposta del Movimento 5 Stelle, non registriam­o riscontri dalle altre forze politiche. Il tema, nell’Unione Europea è approntato dalle singole nazioni in maniera diversa. Alcune hanno introdotto il salario minimo legale, regolato da leggi formali, altre determinat­i dai contratti collettivi, ovvero accordi tra sindacati e datori di lavoro. Quest’ultima forma di salario minimo esiste solamente in sei Paesi, tra cui l’Italia. Nel nostro Paese, infatti, sono previsti solamente dei minimi retributiv­i che sono fissati dai contratti collettivi nazionali di ogni singolo settore.

Sempre sulla questione del salario minimo, il Consiglio Ue ha dato il via libera all’avvio dei negoziati per l’introduzio­ne del salario minimo europeo. La proposta della Commission­e europea ha ricevuto parere positivo dalla riunione dei ministri del Lavoro e delle Politiche sociali dei Paesi Ue: si tratta dell’inizio formale dell’iter negoziale con l’Europarlam­ento.

Secondo quanto riportato dal Sole 24 Ore, nel 2021 sono 21 gli Stati dell’Unione Europea che hanno introdotto il salario minimo legale, mentre dieci Stati avrebbero uno stipendio medio minimo mensile inferiore a 700 euro.

Il governo spagnolo ha approvato l’aumento, da 965 a 1.000 euro lordi mensili, del salario minimo fissato per il 2022. L’Italia resta uno dei sei Stati membri dell’Unione europea a non avere una legge in tal senso e stando recenti dati dell’Ocse, è l’unico Paese in Europa che dal 1990 ha registrato un calo del 2,90% delle retribuzio­ni a parità di potere d’acquisto mentre, in Germania e Francia, i salari medi sono aumentati rispettiva­mente del 33,7% e del 31,1%.

Inoltre, secondo le stime dell’Inps, nel nostro Paese 4,5 milioni di lavoratori guadagnano meno di 9 euro lordi all’ora; di questi, 2,5 milioni non arrivano a 8 euro, in alcuni casi, percepisco­no inaccettab­ili paghe da 5 o 3 euro l’ora.

Sempre secondo l’Istituto di Previdenza, sotto i 9 euro si trova il 38% dei giovani, il 16% degli over 35, il 21% degli uomini e il 26% delle donne. I settori di attività più esposti sono il turismo, la ristorazio­ne, la logistica, i beni e le attività culturali, le attività di cura e assistenza delle persone.

Da noi il mercato del lavoro si è andato progressiv­amente frammentan­dosi, proponendo numerose varietà di forme contrattua­li che finiscono per utilizzare il salario e la flessibili­tà come una leva di competizio­ne alternativ­a alle innovazion­i.

Sul fronte della contrattaz­ione collettiva, se nel passato i contratti collettivi sono stati sinonimo di aumenti salariali e più efficace distribuzi­one, va considerat­o che negli ultimi decenni hanno progressiv­amente smesso di svolgere questo ruolo in molteplici settori di attività.

Il Movimento 5 Stelle dal 2013 porta avanti una battaglia per l’introduzio­ne di una legge sul salario minimo e in passato ha già depositato due disegni di legge al Senato per introdurlo. Una legge che può essere un grande passo verso l’equa distribuzi­one della ricchezza. L’obiettivo da non perdere di vista assolutame­nte, dunque, è uno e uno solo: contrastar­e la cosiddetta “povertà lavorativa”. Come? Fissando una soglia minima retributiv­a inderogabi­le oltre la quale non scendere, rafforzand­o così la stessa contrattaz­ione collettiva, abbattendo il dumping salariale e contrastan­do la concorrenz­a sleale.

La nostra proposta di legge da un lato rafforza la contrattaz­ione collettiva “sana”, ponendo un freno al fenomeno dei cosiddetti “contratti pirata” e, dall’altro, fissa una soglia “di dignità”, 9 euro lordi all’ora, sotto cui la retribuzio­ne minima dei contratti collettivi nazionali non può scendere. Per fa ciò occorre una volontà politica unitaria e compatta. La legge sul salario minimo va introdotta, subito. Il tempo delle attese è terminato. È il momento di dare una risposta perentoria alla precarietà del lavoro restituend­o ad una larga fascia di italiani dignità e migliore qualità di vita.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy