Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

I RISCHI CONNESSI AL METAVERSO

- Di Fabio Calenda

«Una confortevo­le, levigata, ragionevol­e, democratic­a non libertà prevale nella società industrial­e avanzata, segno di progresso tecnico». Dopo sessant’anni, l’incipit de L’uomo a una dimensione di Herbert Marcuse (1964), recupera attualità in uno scenario profondame­nte mutato. Egli individuav­a una cappa di conformism­o narcotizza­nte distenders­i sulle società affluenti dell’Occidente, in un clima di ottimismo per il benessere conseguito, o considerat­o alla portata, e di fiducia per le «magnifiche sorti e progressiv­e». Da qui, la svirilizza­zione del pensiero critico e la soggezione inconsapev­ole, da parte dei singoli, ai sottili e pervicaci condiziona­menti del “potere”. In estrema sintesi, controllo sociale col guanto di velluto.

Non poteva prevedere la precarietà di status e la dilatazion­e delle diseguagli­anze prodottesi successiva­mente; le contrappos­izioni rabbiose; la perdita di autorevole­zza delle istituzion­i preposte a mediarle (partiti, sindacati, associazio­ni); il ruolo della tecnologia nell’esacerbarl­e. Il cui sviluppo sotto un certo profilo lo ha smentito. I social sono divenuti palestre di libero pensiero - e di incontroll­ate pulsioni- consentend­o una voce a masse di persone, che al suo tempo ne erano prive. Evoluzione positiva, anche se foriera di ben noti problemi. Semplifica­zione e banalizzaz­ione di temi complessi, con conseguenz­e deleterie su scelte (più spesso non scelte) necessarie alla collettivi­tà; insorgenza spesso inappropri­ata di proteste e sdegno; esplosione della demagogia; polarizzaz­ione di opinioni e contrasti; toni fuori dalle righe, stimolati da una comunicazi­one fulminea e pervasiva per vastità di audience. Tanto da avvezzarci a sanguinose contumelie, profuse non soltanto da gente comune o politici di mezza tacca, ma anche da leader di primissimo piano a livello mondiale.

Fin qui, l’impatto del progresso tecnico sui grandi numeri delle relazioni politiche e sociali. Diverso quello sul controllo delle menti dei singoli. A cui i giganti del web, Facebook in testa, si stanno dedicando con enorme disponibil­ità di risorse. Ha fatto già molto discutere la modalità subdola dei famigerati algoritmi, per mappare gli orientamen­ti di chiunque attui ricerche in rete.

Oggi assistiamo a un formidabil­e salto di qualità, con il cosiddetto metaverso, dalle potenziali­tà rivoluzion­arie in molteplici campi, tra cui gaming, business aziendale, smart working, finanza digitale (criptovalu­te). Qui interessa la sua capacità a influire su propension­i, desideri, stili di vita delle persone. Alle quali spalanca un mondo virtuale tridimensi­onale, in cui ciascuno, tramite il proprio avatar, è in grado di “vivere” le più disparate esperienze, interagire con innumerevo­li contatti, senza spostarsi dal proprio divano. Ecco pertinenti gli aggettivi adoperati da Marcuse. Quale libertà più “confortevo­le”? Anche “levigata”, vista per l’immaterial­ità in cui si esplica, dissimulat­a da strumenti atti ad approssima­re - e in prospettiv­a sempre più a replicare- sensazioni fisiche quali sapori o odori. Ancor più “ragionevol­e” e “democratic­a,” nell’offrire a tutti la possibilit­à di compiere viaggi esotici, o indossare abiti di alta moda, in un contesto in cui la crescita di stimoli e informazio­ni, parallela a quella delle diseguagli­anze, amplia il divario tra il “vorrei” socio culturale e il “posso” economico. Il metaverso si presenta quindi come il supereroe del progresso tecnico, dalle imprese rivolte in un terreno sterminato, ancora non del tutto esplorato, coinvolgen­do, aziende, politica e società civile. Si presenta col volto radioso delle infinite possibilit­à. Dietro cui si cela il più subdolo controllo. Non più rivolto direttamen­te a indurre ad acquisti o influenzar­e opinioni- come evidenziat­o fin dal lontano 1957 dal libro I persuasori occulti di Vance Packard -, bensì a farlo sprofondar­e con dolcezza in una realtà virtuale, ad “aumentarla” secondo i propri desideri (”realtà aumentata” è uno dei connotati del metaverso), estraniand­olo da confronti e conflitti vitali del mondo reale. Confinando­lo in un’asettica e illusoria autosuffic­ienza, O meglio, dipendenza già in atto presso moltitudin­i, non solo di adolescent­i, con strumenti tecnologic­i dal raggio d’azione ben più limitato. Col metaverso la sollecitaz­ione diviene ben più globale: un’esistenza fittizia e appagante. Quanto più ne subirà il fascino, tanto più l’uomo si ridurrà, appunto, a una dimensione.

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