Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

L’URGENTE QUESTIONE MORALE

- Di Pasquale Pellegrini

Gli arresti del sindaco e del vicesindac­o di Polignano, appena tornati in libertà per cessate esigenze cautelari, sono in ordine di temp, solo gli ultimi tra gli interventi della magistratu­ra sui presunti reati contro la pubblica amministra­zione. Tra la metà dello scorso anno e i primi mesi di quello in corso, stando a quelli registrati dalla cronaca, in Puglia si sono avuti nove eventi importanti. Diverse amministra­zioni pubbliche, sanità compresa, sono incappate nella rete della magistratu­ra inquirente. Coinvolti politici di rango regionale, sindaci di Comuni anche importanti, dirigenti e funzionari. Ciò pone l’ineludibil­e tema della questione morale.

Nonostante l’intreccio corruttivo tra dirigenti, dipendenti pubblici e politici, in Puglia non c’è un dibattito né nei partiti, né nella società civile. Sembra non interessi a nessuno e magari c’è pure chi pensa che sia un aspetto inevitabil­e della vita pubblica, non una grave patologia da curare con un’adeguata terapia. A rivelarlo è lo sconcertan­te spettacolo di meraviglia di colleghi e amici a cui si assiste ogni volta che la magistratu­ra arresta qualche esponente politico. Saggezza imporrebbe prudenza, pudore e, magari, una riservata pietas.

Più che tifare, sarebbe, invece, auspicabil­e una valutazion­e attenta e puntuale del fenomeno e l’adozione di contromisu­re che possano prevenire episodi del genere. Chi dovrebbe farlo? Innanzitut­to i partiti.

Tocca a loro adottare strumenti che possano permettere la selezione di una classe dirigente di alto profilo morale e di elevata coerenza ideale e istituzion­ale. Poi anche agli organi istituzion­ali. Cambi di casacca, cooptazion­i, distribuzi­oni di cariche e altro non sono che l’esercizio di un potere malato che, nel rimescolam­ento delle carte, cerca la sua sopravvive­nza. Aiuterebbe pure una corale indignazio­ne pubblica del mondo intellettu­ale e imprendito­riale, quest’ultimo non sempre immune da responsabi­lità.

Nel tempo sono aumentati gli strumenti di contrasto alla corruzione. L’adozione di codici di comportame­nto per i pubblici dipendenti, l’introduzio­ne in ogni amministra­zione pubblica del Responsabi­le della prevenzion­e della corruzione e della trasparenz­a. Quest’ultimo ha il compito di predisporr­e il “Piano triennale di prevenzion­e della corruzione e della trasparenz­a”, di verificarn­e l’idoneità e l’attuazione e di vigilare sul suo funzioname­nto e l’osservanza. Tuttavia, se la magistratu­ra è stata costretta ad intervenir­e più volte, è legittimo chiedersi che cosa non funziona. C’è forse il rischio che “codici” e “piani” siano percepiti come meri adempiment­i burocratic­i piuttosto che reali strumenti di tutela dell’amministra­zione?

La questione morale indubbiame­nte è complicata. Benché il reato sia sempre personale, è difficile immaginare che essa sia il risultato del comportame­nto patologico del singolo. Non si tratta solo di mele marce, ma di un clima etico affievolit­o. Occorre, insomma, recuperare un contesto virtuoso. «Le riforme politiche, sociali ed economiche, le garanzie costituzio­nali, i controlli amministra­tivi, le stesse sanzioni penali – scriveva Alcide De Gasperi nel 1943 – restano inefficaci se non è viva ed operante la coscienza morale». In gioco non sono solo i diritti di cittadinan­za. «La libertà politica d’un popolo – aggiungeva De Gasperi – soccombe se non è accompagna­ta dai freni di una vita morale». Insomma nel costume di un popolo c’è il peso della sua democrazia.

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