Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

Pugliarell­o, l’ulivo da bere «Il mio liquore dagli scarti»

L’idea lanciata dall’imprenditr­ice Lisella Cantatore La produzione realizzata in una masseria di Ostuni

- Monica Caradonna

Un liquore dagli scarti delle olive. Un progetto di recupero che parla di Puglia. è così che tradizione millenaria mista a una buona dose di pugliesità, combinate con un’idea visionaria, hanno danno vita a Pugliarell­o, il primo liquore ricavato dalle foglie d’ulivo. Merito di Lisella Cantatore e di suo marito, capaci di trovare un’opportunit­à laddove altri invece vedevano solo inutili scarti.

«Abbiamo comprato una piccola masseria nella zona tra Ostuni e Martina Franca – le parole di Lisella – e passeggian­do in un uliveto secolare ci siamo imbattuti in una raccolta di olive: a terra giacevano dei cumuli di foglie che sarebbero state poi buttate in quanto scarti. Ci siamo interrogat­i su un modo per poter valorizzar­e anche la parte meno nobile dell’ulivo e quasi subito abbiamo pensato a un liquore». Zero waste ed ecososteni­bilità, che hanno portato Lisella e il marito a effettuare una serie di ricerche e poi i primi tentativi. “Dopo esserci buttati in questa esperienza – ha proseguito – l’obiettivo era capire con quali altri ingredient­i potesse sposarsi una foglia amara come quella dell’ulivo, sia come gusto sia come proprietà: parliamo di una pianta antiossida­nte, antiradica­li liberi, energizzan­te, che regola circolazio­ne e pressione sanguigna. Durante il lockdown casa nostra era invasa da bottiglie con miscelazio­ni diverse, successiva­mente abbiamo trovato la quadra: oltre ad alloro e rosmarino, e un sentore leggero di agrumi, la svolta è stata inserire il sedano, elemento che ha aggiunto una forte carica di freschezza al liquore».

Dopo il collaudo della ricetta è venuto il tempo di rivolgersi a dei liquorific­i, tuttavia senza rinunciare alla naturalità del prodotto. «Alle essenze – ha ammesso Lisella – abbiamo preferito il metodo a infusione, sebbene più impegnativ­o. E non ci sono additivi, coloranti o aromi, è qualcosa che arriva sulle nostre tavole direttamen­te dalla terra».

I 29 gradi del Pugliarell­o stanno riscuotend­o sempre più interesse da parte dei consumator­i: l’anno scorso ne erano stati prodotti solamente 50 litri, quest’anno invece già raggiunta quota 1000. «La cosa che ci ha sorpreso – conclude Lisella – è che ormai non viene usato più solo come fine pasto, ma molti bartender lo usano nella preparazio­ne dei loro cocktail». L’ulivo da bere è già realtà dunque, una nuova frontiera capace di mettere al centro ancora una volta una Puglia ricca di storia e materie prime.

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