Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
Comandante e armatore indagati per il naufragio
Armatore e comandante del rimorchiatore sotto inchiesta per omicidio colposo. Ancora dispersi i due marittimi molfettesi
Ci sono due indagati per la strage del «Franco P.», il rimorchiatore affondato al largo di Bari la notte tra mercoledì e giovedì causando la morte di cinque persone. Sono Giuseppe Petralia e Antonio Santini, comandante e armatore dell’imbarcazione, per i quali si ipotizza il reato di omicidio colposo plurimo e concorso in naufragio.
BARI «Se avessero indossato i giubbotti si sarebbero salvati tutti, ma non ci sono riusciti perché è stata troppo rapida la cosa. Hanno imbarcato acqua in modo tanto veloce che non ce l’hanno fatta a mantenere la linea di galleggiamento ed è andato tutto giù a picco in circa 20 minuti». Carmelo Sciascia, il comandante del pontone AD3 che era trainato dal rimorchiatore Franco P., affondato mercoledì sera a 50 miglia dalle coste pugliesi, ha ancora la tragedia negli occhi. Quando ieri mattina è arrivato nel porto di Bari, a bordo dello zatterone agganciato ad un altro rimorchiatore, erano ancora fresche le immagini del naufragio in cui hanno perso la vita il 65enne Luciano Bigoni e il 58enne Andrea Massimo Loi, entrambi di Ancona, il 63enne tunisino Jelali Ahmed, residente a Pescara mentre risultano dispersi i due molfettesi Mauro Mongelli e Sergio Bufo di 59 e 60 anni. «Ho visto tutto e niente», racconta Sciascia appena messo piede a terra, ancor prima di essere sentito dagli uomini della Capitaneria di Porto che hanno ascoltato gli 11 uomini che si trovavano sulla chiatta, fra cui un membro dell’equipaggio del Franco P., che era a bordo per controlli. «Ho detto io di buttarsi in acqua, ma i ragazzi non ce l’hanno fatta e sono andati giù». Secondo il comandante le condizioni meteo «c’entrano fino a un certo punto, perché c’era mare 3 metri e mezzo di nord est e vento». Situazioni difficili ma non proibitive, anche se Sciascia chiarisce di non aver visto il 63enne catanese Giuseppe Petralia, comandante del rimorchiatore affondato e unico superstite. «Non lo abbiamo visto, lo ha preso una nave che ho chiamato io perché vedevamo una lucetta, perché i giubbotti hanno le lucette che si accendono quando si arriva in acqua».
Una versione confermata anche da Onorio Olivi, il tecnico del pontone. Anche lui è stato ascoltato come testimone nell’ambito dell’inchiesta aperta dalla Procura che ha portato oltre al sequestro del rimorchiatore (che si trova a mille metri di profondità) e del pontone, anche all’iscrizione sul registro degli indagati dello stesso comandante Petralia e dell’armatore Antonio Santini, 78enne di
Roma, legale rappresentante della società Ilma di Ancona. La pm Luisiana Di Vittorio ipotizza i reati di concorso in naufragio e omicidio colposo plurimo.
«Ci si è spaccato il cuore, ma non abbiamo potuto salvarli – racconta Olivi - è successo all’improvviso, in 20-25 minuti. Eravamo in navigazione da quattro giorni e non c’era il minimo problema. Probabilmente c’è stato un inconveniente tecnico. Noi abbiamo fatto tutto quello che potevamo. Abbiamo messo anche un gommone in acqua rischiando la vita, perché lì c’erano i nostri fratelli, ma purtroppo non siamo riusciti a fare niente. Il senso di impotenza ci distrugge».
Per tutta la giornata sono andate avanti le ricerche dei due marittimi pugliesi da parte di mezzi aerei e navali italiani e croati. L’area pattugliata, hanno spiegato dalla Capitaneria di Porto di Bari, è stata estesa perché le onde potrebbero aver spinto alla deriva i corpi. Non è escluso nemmeno che possano essere rimasti incastrati nel rimorchiatore. Ma la speranza di trovarli vivi c’è ancora. «Non è la prima volta che la nostra comunità vive una tragedia come questa – ha detto il sindaco di Molfetta, Tommaso Minervini viviamo questo momento con tristezza, ma grande speranza perché i due nostri concittadini sono dispersi, non morti».
Carmelo Sciascia Se avessero indossato i giubbotti si sarebbero tutti salvati Hanno imbarcato subito tanta acqua
Francesco Olivi Ci si è spaccato il cuore Nei quattro giorni precedenti in mare non abbiamo avuto noie