Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
Da Biancofiore ammirando i piatti di pesce
Abbiamo memoria di ambienti accoglienti e raccolti, interamente dominati dai toni cromatici del bianco e del blu. Forse in omaggio allo stile mediterraneo, o forse per evocare la fresca semplicità presente nel nome del locale, Biancofiore appunto. Oggi invece chi varca la soglia di questo notissimo ristorante, situato nel centralissimo corso Vittorio Emanuele di Bari, si trova immerso in un’atmosfera di più impegnativa eleganza: tra nicchie e specchi, comode poltroncine e graziosi divanetti, mobili in legno chiaro e antichi vasi sistemati sul soppalco. Il tutto con il valore aggiunto di un’ampia porta d’ingresso a vetri, che regala luminosità a chi è seduto a tavola, e del perfetto recupero dei pavimenti originari e delle volte in pietra.
Per il resto non si registrano cambiamenti rilevanti. A fare gli onori di casa c’è sempre Diego Biancofiore, capace di gestire la propria attività con piglio sicuro e consumata professionalità, e con un occhio particolarmente vigile quando si tratta di selezionare materie prime di qualità. Mentre ai fornelli si misura sempre Giacinto Fanelli (con la collaborazione di Stefano Lopez), il cui maggiore merito è quello di essere un classico esecutore. Nel senso che riesce a mettere a frutto con correttezza e precisione le conoscenze acquisite, senza cercare di seguire le mode o di esprimersi attraverso acrobazie culinarie. Ne deriva una proposta gastronomica valida e concreta, che è il risultato di una buona scuola e di una seria esperienza nel settore.
Non sono casuali preparazioni come i tubetti al ciambotto di pesce con puntarelle e polvere di spinaci, e gli spaghetti al ragù di cicala e polvere di pomodoro: due splendidi esempi di come il rispetto della tradizione, magari ingentilita e adeguata alle esigenze della modernità, sia una soluzione assolutamente vincente. In alternativa ci si lascia trasportare da una sorta di brezza primaverile, che si materializza nel grande piatto degli sfilettati (comprensivo anche di alcuni pesci poveri come la muggine), dove l’accattivante effetto cromatico si coniuga con la pulizia dei diversi sapori. Oppure si materializza nelle fave novelle, che con la loro presenza stemperano la potente sapidità delle linguine alle cozze e cacio e pepe. Per poi procedere con l’intramontabile rombo con le patate, impiegate tuttavia in forma di spuma al nero di seppia: un’ulteriore dimostrazione di come si possa innovare senza snaturare. Per bere bene ci si deve affidare alla competenza di Diego, profondo conoscitore e sostenitore dei vini naturali, esclusi i quali si spendono 50-60 euro.