Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
Le visioni dello studio Hipgnosis I Pink Floyd, i Led Zeppelin e gli altri
Sarà il MarTa a ospitare la grande mostra dedicata alle copertine di dischi realizzate da Thorgerson e Powell
«Ecco, dobbiamo farle così», esclamarono Storm Thorgerson e Aubrey Powell quando videro la copertina di Sgt. Pepper’s dei Beatles. L’album era stato registrato nello Studio 3 della Emi, la porta accanto a quella in cui i Pink Floyd stavano contemporaneamente lavorando al loro album d’esordio, The Piper at the Gates of Dawn. Il disco di Syd Barrett e soci uscì nell’agosto del 1967. Sulla cover, uno scatto del fotografo inglese di origini indiane Vic Singh. Si vede la band scomposta in un’immagine psichedelica grazie all’utilizzo di una lente prismatica regalata a Singh da George Harrison. Thorgerson e Powell, che hanno fondato lo studio Hipgnosis, sono in cerca di clienti. E un anno dopo sono loro a firmare la copertina del secondo album dei Pink Floyd, A Saucerful of Secrets. Un fatto straordinario. È, infatti, solo la seconda volta che la Emi si affida a degli esterni: la prima è avvenuta proprio con Sgt. Pepper’s dei Beatles.
In A Saucerful of Secrets Barrett appare solo in un pezzo, Jugband Blues. Roger Waters, Nick Mason e Richard Wright lo hanno sostituito con David Gilmour. La band sta per prendere altre strade sonore. E ad accompagnarla visivamente in quest’avventura ci sarà lo studio Hipgnosis. Escono More, il doppio Ummagumma e Atom Heart Mother, l’album delle mucche. «Quella della copertina non faceva altro che fissarci, quando la inquadrammo», ricorda Powell, che parla anche a nome di Thorgerson, morto di cancro nel 2013. Seguono Obscured by Clouds e, nel 1973, il capolavoro, The Dark Side of the Moon. Durante le sessioni in studio, Thorgerson e Powell vanno a trovare il gruppo ad Abbey Road. «Il disco era pronto, volevano qualcosa di fico, finché nei giorni successivi - dice Powell - sfogliando un vecchio libro di fisica, non mi sono imbattuto nell’immagine del prisma con un arcobaleno». Ecco raccontata in poche parole la nascita di un oggetto di culto, al quale è legata l’immagine stessa dei Pink Floyd.
Può contendergli il primato solo la cover dell’opera rock The Wall, che peraltro non è dello studio Hipgnosis e naturalmente non farà parte della mostra al Museo MarTa curata per il Medimex dal 16 giugno al 17 luglio da Ono Arte Contemporanea, «Hipgnosis Studio: Pink Floyd and Beyond», così intitolata perché «oltre» alle copertine dei Pink Floyd l’esposizione si allarga ai Led Zeppelin, che si rivolsero per la prima volta a Thorgerson e Powell per Houses of the Holy, uscito nel 1973. Ci sono anche i Genesis di The Lamb Lies Down on Broadway, A Trick of the Tail, Wind & Wuthering e …And Then There Were Three. E c’è anche una sezione riservata ai Rolling Stones, altri clienti di lusso.
Tutto raccolto in 55 opere in grande formato, comprendenti anche i lavori preparatori e gli out-take. Tra le altre copertine dei Floyd, quella di Wish You Were Here, un disco-denuncia sull’ipocrisia dell’industria musicale, rappresentata dall’immagine di un uomo che prende fuoco mentre, evidentemente, stringe la mano al boss di una major. Per quello scatto Powell fece quindici clic. Uno è diventato leggenda.