Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
Ricorso (in parte) accolto A Chiariello ridati 7 milioni
Bari, il retroscena nell’inchiesta sulla truffa Trerotoli dichiarava 30 mila euro all’anno
Igiudici del Riesame del tribunale di Bari hanno accolto in gran parte il ricorso presentato dall’ex penalista barese Gianfranco Chiariello e hanno ridotto da 11 a 2,9 milioni il sequestro preventivo disposto nei suoi confronti. L’inchiesta fiscale è nata sulla scia delle presunte tangenti pagate dallo stesso Chiariello al giudice De Benedictis.
BARI Con i redditi dichiarati non avrebbe mai potuto acquistare crediti di imposta di milioni di euro per il bonus facciate. Emergono nuovi retroscena dalle carte dell’inchiesta che nei giorni scorsi ha portato al sequestro di beni per 140 milioni di euro nei confronti dell’imprenditore Alessandro Trerotoli, 49enne di Bari, indagato per una maxitruffa sui bonus edilizi. Le attività di approfondimento dei finanzieri del Nucleo di polizia economico finanziaria di Bari avrebbero evidenziato ad esempio - che in quattro anni, ovvero dal 2016 al 2020, Trerotoli avrebbe dichiarato redditi «pari a complessivi 33.685,63 euro. Una capacità economico finanziaria di modesto spessore» che non sarebbe stata sufficiente ad acquistare i crediti di imposta. L’ammontare del sequestro preventivo d’urgenza equivale al profitto ottenuto «dal sistema fraudolento» messo in piedi attraverso l’emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti. L’imprenditore, in particolare, «nel periodo 22-06-2021 – 2910-2021 - è scritto negli atti - ha acquistato crediti per bonus facciate da primi cedenti per 12.502.309,00. Sempre nel nel periodo dal 21 settembre al 10 novembre ha acquistato crediti per bonus facciate per ulteriori 4.762.385,00 da non primi cedenti». Conclude la guardia di finanza che Alessandro Trerotoli «non presenta una capacità reddituale congrua e coerente con l’acquisto di crediti d’imposta per complessivi 17.264.694,00 effettuato nel periodo dal 22 -06 -2021 al 2910-2021». Trerotoli tramite la sua società, la Unica Srl - secondo l’inchiesta coordinata dal procuratore Roberto Rossi e dal sostituto Lanfranco Marazia - avrebbe messo in piedi «un circuito fraudolento volto alla creazione, circolazione, monetizzazione e utilizzo in compensazione di crediti d’imposta inesistenti» per la2021,
Il raggiro vori edili sulle facciate di 116 immobili, in realtà mai eseguiti e, tra l’altro, commissionati da soggetti risultati privi di una capacità reddituale e finanziaria «idonea al sostenimento delle ingenti spese di rifacimento delle facciate, in relazione alle quali sarebbe maturato, in origine, il credito d’imposta successivamente ceduto all’indagato».
Scrivono ancora gli inquirenti che l’indagine «ha ampiamente provato che i crediti poi ceduti a catena sono il risultato economico di un artifizio: aver simulato l’esistenza di lavori sulle facciate degli edifici (lavori mai effettuati). In base a questa falsificazione (con la contestuale simulazione di versamenti di denaro per i lavori non eseguiti) lo Stato si è obbligato all’emissione di un credito fiscale utilizzabile anche per una successiva circolazione, sia per essere monetizzato sia per una compensazione fiscale. Quindi un credito certo, liquido ed esigibile».
Un altro elemento emerso dalle indagini è che la richiesta di denaro per il bonus facciata in alcuni casi era superiore di dieci volte rispetto al valore stimato dell’immobile indicato per i lavori. Complessivamente le persone coinvolte nel raggiro, non indagate e probabilmente ignare di tutto, sono 11. A queste si aggiungono 13 società con sedi nel Lazio, in Lombardia, Puglia e Veneto, tutte destinatarie nei giorni scorsi di perquisizioni e sequestri di documentazione.
Il sistema illegale realizzato attraverso fatture e operazioni inesistenti