Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
Tangenti, a Chiariello restituiti sette milioni
I giudici del Tribunale del Riesame di Bari hanno accolto per gran parte il ricorso presentato dall’ex penalista barese, Giancarlo Chiariello e hanno ridotto da 11 a 2,9 milioni il sequestro preventivo disposto nei suoi confronti il 23 febbraio scorso. L’ex avvocato era accusato di dichiarazione infedele dell’Iva e delle imposte sui redditi dovute all’Erario.
L’inchiesta fiscale è nata successivamente all’altra indagine, coordinata dalla Procura di Lecce, sulle presunte
tangenti pagate dall’avvocato all’ex gip del Tribunale di Bari, Giuseppe De Benedictis, in cambio di scarcerazioni per i suoi assistiti: nell’ambito di quella inchiesta Chiariello fu arrestato (insieme all’ex giudice) poco più di un anno fa e nel corso delle perquisizioni furono trovati a casa del figlio alcuni sacchetti sottovuoto all’interno di zaini che contenevano circa un milione di euro in contanti.
Gli inquirenti hanno ipotizzato che si trattasse delle parcelle dei clienti incassate in nero. Secondo i pm baresi, l’ex penalista avrebbe dichiarato redditi da operaio pur incassando parcelle da centinaia di migliaia di euro dal 2014 al 2019: ci sarebbero almeno 239 clienti - hanno ricostruito le indagini - dai quali si sarebbe fatto pagare onorari fino a 100 mila euro.
Al fisco avrebbe però dichiarato redditi tra i 26 mila e i 60 mila euro annui. I difensori di Chiariello, gli avvocati Vito Mormando e Filiberto Palumbo, hanno impugnato il provvedimento di sequestro dinanzi al Riesame contestando quei conteggi e ottenendo la riduzione della misura cautelare patrimoniale.
Per quanto riguarda la vicenda delle tangenti in cambio di scarcerazioni Chiariello e l’ex gip barese, Giuseppe De Benedictis sono stati condannati a Lecce in primo grado alla pena di 9 anni e 8 mesi di reclusione per il reato di corruzione in atti giudiziari con l’aggravante mafiosa per aver agevolato, con le scarcerazioni, gruppi criminali del Foggiano e del Barese. Il ritorno in libertà di alcuni pericolosi esponenti delle cosche avrebbe consentito agli stessi di riprendere i contatti con gli altri sodali e quindi la piena operatività dei gruppi mafiosi sul territorio pugliese.