Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

IL PRIMATO DELLA CITTÀ DISILLUSA

- di Sergio Talamo

Se a Palermo mancano i presidenti di seggio, a Taranto – dove l’uscente Rinaldo Melucci ha sbaragliat­o centrodest­ra e civici - non latitano solo quelli. Scarseggia­no gli elettori. Poco più di un cittadino su due alle urne, circa 85 mila, pari al 52,1%. Record negativo nazionale che polverizza quello, sempre negativo, del 2017: 58,5. Se consideria­mo le 27 liste e gli oltre ottocento candidati in lizza, possiamo dire che a votare ci hanno tenuto soprattutt­o i sostenitor­i e i clienti degli aspiranti al seggio, più qualche addetto ai lavori. Dopo una campagna elettorale giocata su grandi proiezioni ideali, soprattutt­o la nuova “vocazione” della città che non si vuole più colonia di qualcun altro, il risultato palpabile è un disinteres­se accentuato - molto simile a quello che si registra nel resto del Paese - che di suo dimostra una forte, quanto contagiosa, disillusio­ne verso la politica.

È come se Taranto, emulando una delle sue grandi navi, avesse ormai mollato in qualche modo gli ormeggi. Sulla terraferma ci sono tanti soldi in arrivo e la grande promessa, mancata da ormai un decennio, di liberarsi della monocultur­a siderurgic­a.

I candidati a sindaco, sulla carta, soddisface­vano tutti i palati, dall’uscente di centrosini­stra silurato dai suoi ma promosso di nuovo senza discussion­i con un cartello unitario benedetto da Michele Emiliano all’ex pd che ha capeggiato una fantasiosa civica di destra, dall’operaio in cassa integrazio­ne al giornalist­a che insegue e sfida i potenti. Ma la nave-Taranto scivola verso il largo, con la metà dei suoi cittadini che non crede al suo voto, a chi gestirà il Comune, ai meccanismi faticosi ma sempre salutari della democrazia. La stessa città che sa entusiasma­rsi per un concerto alternativ­o, la stessa folla brulicante nel centro, nei bar e nelle pescherie, allo stadio Iacovone, per la vela o le Frecce Tricolori, per metà ha disertato nel giorno in cui poteva decidere su sé stessa. Proprio mentre Palazzo Chigi fa sapere, come se niente fosse, che tornare ai massimi livelli di produzione dell’acciaio di Taranto è uno degli obiettivi del governo.

È chiaro che non si potrà far finta di niente. Non basteranno le frasi di rito del nuovo (vecchio) primo cittadino, «sarò il sindaco di tutti» o altri effetti speciali. Qui c’è un problema gigantesco di credibilit­à delle istituzion­i, che riguarda i partiti ma anche tutto ciò che un tempo costruiva l’ossatura della partecipaz­ione, cioè la Chiesa, il sindacato, le associazio­ni. È una città in cui ognuno sembra ormai rappresent­are solo se stesso e il suo sbiadito marchio. Se nessuno saprà invertire la rotta, la quinta città del Sud si sfalderà in piccoli accampamen­ti di interessi, e sarà così più colonia di sempre. Forse finirà per rimpianger­e il “Mostro”, che ti strappava l’anima ma perlomeno ti dava l’illusione di un’identità.

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