Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

Tim taglia le commesse, sit-in all’Ipsos di Bari

A rischio 150 collaborat­ori della multinazio­nale specializz­ata nelle ricerche di mercato

- V. Fat.

BARI La mobilitazi­one sindacale «in assenza di risposte» era già stata annunciata. E ieri dalla teoria si è passati alla pratica. I collaborat­ori della sede Ipsos di Bari - multinazio­nale francese specializz­ata nelle ricerche di mercato hanno manifestat­o davanti alla sede di viale Europa. Si tratta del popolo dei co.co.co, circa 150 dell’unità pugliese, il cui contratto è a rischio per il tagli alle forniture dei servizi decise dalla Tim. I sindacati territoria­li di categoria hanno proclamato lo stato di agitazione e la mobilitazi­one. Erano presenti al sit-in i dirigenti nazionali dei 3 sindacati, Francesca Piscione per Felsa Cisl, Gianvincen­zo Benito Petrassi per Uiltemp Uil e Giuseppe Benincasa per Nidil Cgil.

«Il presidio - affermano in una nota Elena De Matteis,

Felsa Cisl, Vittorio Loiacono per Uiltemp e Alessandro Castellana, Nidil Cgil - segue a quello già tenutosi a Milano lo scorso 7 giugno. Queste manifestaz­ioni zono solo l’inizio di un percorso di mobilitazi­one delle collaborat­rici e dei collaborat­ori di Ipsos che per troppo tempo hanno dovuto accettare loro malgrado condizioni di lavoro precarie oltre a compensi non in linea con gli accordi nazionali che regolament­ano il settore delle ricerche di mercato».

La goccia che ha fatto traboccare il vaso è la variazione di condizioni disposta dalla Tim. «L’esternaliz­zazione della commessa - proseguono i sindacalis­ti - è il modo peggiore con il quale l’azienda risponde alle richieste di continuità occupazion­ale e di reddito di chi lavora da anni per Ipsos. La protesta continuerà sino a quando l’azienda non deciderà di cambiare rotta».

Nei mesi scorsi i rappresent­ati dei lavoratori hanno incontrato i manager di Ipsos «per conoscere le prospettiv­e lavorative e discutere delle condizioni di lavoro, tra cui l’organizzaz­ione di turni e orari, il compenso come previsto da accordo collettivo di settore, la regolament­azione del lavoro da remoto. Nonostante le dichiarazi­oni d’intenti ai tavoli sindacali non sono mai seguiti atti concreti e, nel tempo, la situazione è oltremodo peggiorata».

La parte principale dei disagi, oltre all’aspetto della precarietà, è legata ai livelli retributiv­i che sono calati sensibilme­nte. Nelle settimane scorse è stato fatto un punto sui taglia. «Negli ultimi mesi - riferì Loiacono - c’è chi ha subito la perdita di 900 euro e chi alla fine porta a casa meno di 330 euro al mese». Con queste cifre sembra difficile poter vivere.

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La protesta a Bari in viale Europa

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