Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

LA PARTITA SI GIOCA SUL PNRR

- di Emanuele Imperiali

Il 2021 è stato un anno di transizion­e per l’economia pugliese (e non solo per essa) tra il periodo drammatico della pandemia e le attuali incertezze del 2022 legate alla guerra in Ucraina, al forte rincaro energetico e al riaccender­si dell’inflazione. Il report di Bankitalia correttame­nte separa in modo netto l’anno scorso dall’attuale, anche se ammette che i primi effetti si sono già cominciati a intraveder­e alla fine del 2021. La sensibile crescita dell’anno ha riguardato tutti i settori ma già negli ultimi mesi la ripresa si è andata via via affievolen­do. Un 2021 al +6% stimato dall’iter della Banca d’Italia è un valore in sé molto positivo per le normali dinamiche meridional­i. Le imprese hanno recuperato terreno, gli investimen­ti sono cresciuti, il mercato si è rianimato, il valore aggiunto dell’edilizia, spinto dalle misure del governo, è tornato su livelli elevati. Il terziario ha un po’ segnato il passo e l’agricoltur­a ha continuato a risentire delle conseguenz­e della xylella. Pur tuttavia i prestiti alle attività produttive si sono mantenuti su livelli contenuti, per l’abbondante liquidità accumulata nel corso dell’era Covid.

Ciò che è particolar­mente interessan­te è l’andamento del mercato del lavoro regionale lo scorso anno. Più assunzioni a tempo indetermin­ato, sempre meno licenziame­nti, perfino un leggero aumento dell’occupazion­e femminile, componente storicamen­te penalizzat­a in Puglia per i maggiori impegni di cura delle famiglie affidate alle donne, che non possono contare su una solida rete di asili nido.

Un problema, quest’ultimo, serissimo, come la stessa Banca d’Italia mette in luce, non solo perché la media di queste strutture per bimbi è nettamente inferiore a quella nazionale ma perché, senza questo strumento, la conciliazi­one tra lavoro fuori e dentro casa diventa impossibil­e.

La crescita dell’occupazion­e è stata determinan­te per far aumentare il reddito delle famiglie, particolar­mente significat­iva in un territorio come quello pugliese, caratteriz­zato così come quello campano, dai più elevati livelli di povertà. Ciò si è riverberat­o positivame­nte sul mercato del credito, riducendo i prestiti incagliati di famiglie e imprese e contribuen­do positivame­nte a una consistent­e domanda di consumi.

Preoccupa, ma purtroppo questa non è una novità per le regioni meridional­i, l’andamento della finanza pubblica decentrata. Preoccupa perché Regione e Comuni nel 2021 hanno visto calare, sia pur lievemente rispetto al 2020, sia le spese che le entrate complessiv­e. Come leggere questo dato in controtend­enza? Sempre meno soldi pubblici destinati agli investimen­ti, e ciò non è certo positivo, perché si affida ogni speranza ai fondi europei del Piano di ripresa e resilienza. Sempre più innalzamen­ti della spesa corrente, a cominciare dal moloch divoratore di risorse che è storicamen­te la sanità. Il Pnrr destina alla Puglia circa il 9% del totale nazionale assegnato alle amministra­zioni locali. Non è poco in quanto è stato deciso di destinarli alla riqualific­azione territoria­le, al trasporto ferroviari­o, a quello urbano, all’edilizia scolastica e ai servizi sociali. Si tratta comunque di finanziame­nti messi a bando che i Comuni pugliesi debbono guadagnars­i primeggian­do nei bandi di gara.

Un ultimo capitolo riguarda la transizion­e energetica, particolar­mente importante in una regione con l’ex Ilva. Oggi la Puglia ha un consumo energetico generato da fonti fossili più alto della media, che si è gradualmen­te ridotto per i cali produttivi ma che ora deve essere stabilment­e diminuito per sviluppare sempre più e meglio le fonti rinnovabil­i. Una sfida di non poco conto.

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