Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
LA PARTITA SI GIOCA SUL PNRR
Il 2021 è stato un anno di transizione per l’economia pugliese (e non solo per essa) tra il periodo drammatico della pandemia e le attuali incertezze del 2022 legate alla guerra in Ucraina, al forte rincaro energetico e al riaccendersi dell’inflazione. Il report di Bankitalia correttamente separa in modo netto l’anno scorso dall’attuale, anche se ammette che i primi effetti si sono già cominciati a intravedere alla fine del 2021. La sensibile crescita dell’anno ha riguardato tutti i settori ma già negli ultimi mesi la ripresa si è andata via via affievolendo. Un 2021 al +6% stimato dall’iter della Banca d’Italia è un valore in sé molto positivo per le normali dinamiche meridionali. Le imprese hanno recuperato terreno, gli investimenti sono cresciuti, il mercato si è rianimato, il valore aggiunto dell’edilizia, spinto dalle misure del governo, è tornato su livelli elevati. Il terziario ha un po’ segnato il passo e l’agricoltura ha continuato a risentire delle conseguenze della xylella. Pur tuttavia i prestiti alle attività produttive si sono mantenuti su livelli contenuti, per l’abbondante liquidità accumulata nel corso dell’era Covid.
Ciò che è particolarmente interessante è l’andamento del mercato del lavoro regionale lo scorso anno. Più assunzioni a tempo indeterminato, sempre meno licenziamenti, perfino un leggero aumento dell’occupazione femminile, componente storicamente penalizzata in Puglia per i maggiori impegni di cura delle famiglie affidate alle donne, che non possono contare su una solida rete di asili nido.
Un problema, quest’ultimo, serissimo, come la stessa Banca d’Italia mette in luce, non solo perché la media di queste strutture per bimbi è nettamente inferiore a quella nazionale ma perché, senza questo strumento, la conciliazione tra lavoro fuori e dentro casa diventa impossibile.
La crescita dell’occupazione è stata determinante per far aumentare il reddito delle famiglie, particolarmente significativa in un territorio come quello pugliese, caratterizzato così come quello campano, dai più elevati livelli di povertà. Ciò si è riverberato positivamente sul mercato del credito, riducendo i prestiti incagliati di famiglie e imprese e contribuendo positivamente a una consistente domanda di consumi.
Preoccupa, ma purtroppo questa non è una novità per le regioni meridionali, l’andamento della finanza pubblica decentrata. Preoccupa perché Regione e Comuni nel 2021 hanno visto calare, sia pur lievemente rispetto al 2020, sia le spese che le entrate complessive. Come leggere questo dato in controtendenza? Sempre meno soldi pubblici destinati agli investimenti, e ciò non è certo positivo, perché si affida ogni speranza ai fondi europei del Piano di ripresa e resilienza. Sempre più innalzamenti della spesa corrente, a cominciare dal moloch divoratore di risorse che è storicamente la sanità. Il Pnrr destina alla Puglia circa il 9% del totale nazionale assegnato alle amministrazioni locali. Non è poco in quanto è stato deciso di destinarli alla riqualificazione territoriale, al trasporto ferroviario, a quello urbano, all’edilizia scolastica e ai servizi sociali. Si tratta comunque di finanziamenti messi a bando che i Comuni pugliesi debbono guadagnarsi primeggiando nei bandi di gara.
Un ultimo capitolo riguarda la transizione energetica, particolarmente importante in una regione con l’ex Ilva. Oggi la Puglia ha un consumo energetico generato da fonti fossili più alto della media, che si è gradualmente ridotto per i cali produttivi ma che ora deve essere stabilmente diminuito per sviluppare sempre più e meglio le fonti rinnovabili. Una sfida di non poco conto.