Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
L’automotive pugliese tra crisi e ricerca
Da una parte le vertenze aziendali, dall’altro l’innovazione che offre numerose opportunità Confindustria: «Puntiamo agli investimenti». I sindacati: «Con l’elettrico a rischio tanti posti»
La febbre del comparto auto scende di qualche tacca in Puglia, come nel resto del Paese. Merito dell’antipiretico dei nuovi incentivi, riproposti dal governo lo scorso 25 maggio. La parte per motocicli e ciclomotori termici si è azzerata in un giorno. Per auto piccole termiche e ibride, dopo la prima settimana di giugno, restano solo 27,3 milioni su 170. Meno ambìti quelli per elettriche o ibride ricaricabili con spina, da 0 a 60 g/ chilometri emissioni di CO2: ne sono disponibili ancora 189,7 milioni su 220 e 203,9 su 225.
Il termometro delle immatricolazioni, però, scotta ancora. Nella regione, le auto nuove immatricolate secondo il Ministero a maggio risalgono a quota 3,3 mila (su 121 mila nel Paese) da 2,4 di aprile. Segnano così un +34% su base mensile (+20% in Italia). Ma sono ancora a -19% da maggio del 2021 (-15,14% nel Paese, undicesimo mese di fila in rosso). Non se la passa molto meglio il resto d’Europa (Ue a Efta e Regno Unito): -10% nel primo trimestre su base annua. In questo quadro, l’automotive pugliese, uno dei pilastri dell’economia regionale, annaspa. «Le sole novità – riferisce Cesare de Palma, presidente della Sezione meccanica, elettrica ed elettronica di Confindustria Bari e Bat e componente esterno del CdA del Politecnico – arrivano dal Politecnico. Sta lavorando tanto per portare opportunità in Puglia. Il tavolo tra gli stakeholders per le nuove strategie sull’automotive? Si è fermato perché non è arrivato un riconoscimento politico dalla Regione. Dovrebbe concentrarsi di più su investimenti che diano al territorio valore, forniture e indotto, non solo un ritorno occupa27, zionale». Per Giuseppe Romano, segretario Fiom Cgil Puglia, «il governo non ha ancora una politica industriale degna, condivisa e strategica. Gli incentivi contengono la crisi ma non la risolvono. Punterei più su una corretta transizione energetica ed ecologica, incentivando produzioni che contengano le emorragie occupazionali. In Bosch da un giorno all’altro rischiamo 700 esuberi». «Aspettiamo una chiamata da Regione e Ministero per gestire insieme la riconversione – dice Riccardo Falcetta, segretario della Uilm di Bari -. Se arriva l’elettrico, 9 addetti su 10 saranno in esubero. La cig (12 giorni al mese in Bosch) non basta». «In Congresso a Roma – ricorda Gianfranco Gasbarro, segretario Fim Cisl Puglia – abbiamo chiesto al governo una soluzione allo stallo dell’ex Ilva e un fondo per la transizione all’elettrico, per la formazione dei lavoratori e rilanciare le aziende».