Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
Da Vettor i corpi di donna di Adelisa Selimbasic
ABari, il ristorante Vettor prosegue con la sua attività nel campo dell’arte contemporanea, parallela a quella della ristorazione. Del resto il nome del locale, un tributo all’artista Vettor Pisani (Bari, 1934 – Roma, 2011), evoca le precedenti inclinazioni di Michele Spinelli, proprietario di Vettor, collezionista e in passato anche gallerista. Il programma di questa stagione coincide con il progetto «Shot#3», un format dedicato ad artisti emergenti del panorama internazionale, presentati attraverso una serie di piccole mostre personali, curate dallo stesso Spinelli in collaborazione con Roberta Mansueto. Per il terzo appuntamento di «Shot#3», l’area bar accoglie un lavoro inedito dell’artista Adelisa Selimbasic, che concentra la ricerca sulla rappresentazione del corpo femminile in relazione alla sua quotidiana e convenzionale percezione. Selimbasic, italo-bosniaca, nata in Germania (Karlsruhe 1996), frequenta un master all’Accademia di Belle Arti di Venezia ma è già attiva in numerose collettive in Italia e all’estero. Si misura con la pittura, medium tra i più difficili da maneggiare oggi, mettendola al servizio di una figurazione che, come si è detto, suggerisce uno sguardo ragionato sul corpo delle donne. Da un punto di vista femminista, perciò ecumenico nel considerare ogni genere di fattezze, soprattutto quelle estranee agli stereotipi e riferite perlopiù a ragazze, sorprese in complici e spensierati affanni, giochi in piscina o chiacchiere tra amiche. Nella complessiva atmosfera di fausta complicità, sui loro corpi Selimbasic interviene accentuando livide ombre per ottenere un cromatismo quasi plastico, un colore che cioè modella le forme, o per imporre campi dai toni omogenei che le servono per cancellare i volti. Talora la figura è tagliata, così da escludere consistenti pezzi dall’inquadratura, lasciando spazio solo alla gestualità delle mani o al sorriso grottesco di una bocca con dente mancante, nella celebrazione di una marginale imperfezione. Anche la prova barese va oltre l’attribuzione ordinaria conferita dall’immaginario collettivo al corpo femminile, esibendo un gruppo di giovani donne, a testa in giù, in riconoscibile outfit balneare. La percezione di un’ambiguità strisciante è potenziata da un colore che determina effetti di solarizzazione, con contorni netti e con gamme tonali invertite nel passaggio tra luce e ombra.