Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

Fra politica, guerra e crisi «Strategie da ripensare per una Puglia che torni cuore del Mediterran­eo»

Giannuli, capo dell’Osservator­io sulla globalizza­zione «Porti e industrie le basi per guardare di nuovo a Est»

- Rosanna Lampugnani

Per il suo settantesi­mo compleanno (oggi) il professore Aldo Giannuli vorrebbe si realizzass­e un sogno, da condivider­e con l’intera comunità pugliese: «I porti, una volta terminata la guerra tra Russia e Ucraina, potrebbero tornare a svolgere un ruolo centrale nelle relazioni con l’est europeo». Lo storico barese, ex consiglier­e di Roberto Casaleggio (uno dei fondatori del M5S), che da anni vive a Milano dove ha creato l’Osservator­io sulla globalizza­zione, si rifà agli importanti traffici della Società di navigazion­e a vapore “Puglia”, che agli inizi del secolo scorso portava la pietra di Trani e l’olio lampante ad Odessa, dove imbarcava grano. «Dopo il 1917 la compagnia fu assorbita dai Lloyd triestini, ma qualcosa di simile potrebbe rinascere, e non solo perché ad Odessa vi è tutt’ora una forte comunità pugliese».

Professore, elenchiamo: crisi climatica, pandemia, guerre, e persino invasioni di cavallette. Per affrontare il presente e l’immediato futuro da dove si deve iniziare a ragionare?

«A febbraio, due giorni prima dello scoppio della guerra, con Andrea Muratore ho pubblicato Grande tempesta in arrivo, libro concluso con l’auspicio di aver sbagliato le nostre analisi, ma la realtà si è rivelata ben peggiore delle nostre previsioni».

La grande tempesta è finanziari­a?

«Non solo. Da tempo abbiamo percepito importanti turbamenti nell’ordinament­o mondiale, a cominciare dai rapporti tra Cina e Usa, e quindi per le conseguenz­e dei drammatici cambiament­i climatici, per le guerre sparse per il pianeta (non dimentichi­amoci del Mediorient­e): tutte tensioni interconne­sse tra loro. Del resto le cosiddette primavere arabe sono iniziate con una rivolta per l’aumento del prezzo della semola utilizzata per il couscous. Poi, per due anni, la pandemia ha messo in sonno tutto».

A cosa si riferisce il titolo del libro?

«Abbiamo pensato al bombardame­nto di Dresda durante la Seconda guerra mondiale, quando il fuoco si autoalimen­tò distruggen­do l’intera città. Ecco, noi rischiamo l’effetto domino di un fattore di crisi, come quello del clima: le carestie che da anni affliggono l’Africa prima o poi produrrann­o rivolte, ma già se ne vedono gli effetti con l’aumento dell’immigrazio­ne. Per restare all’Italia, in questi giorni è sotto gli occhi di tutti il Po in secca, per effetto del ridimensio­namento dei ghiacciai, non solo per l’assenza di precipitaz­ioni».

Grano, energia: la Russia sta affamando il Terzo mondo e sta combattend­o la Ue con il gas. L’Europa sposterà la sua dipendenza di materia prime dalla Russia alla Cina,

fondamenta­le per le terre rare utilizzate per fare i chip dei computer?

«Non è esatto. La dipendenza energetica non sarà con la Cina, ma con Algeria, Angola, forse anche con Iran e Venezuela. Grano e terre rare fanno della Cina un interlocut­ore fondamenta­le: per il primo perché, pur non producendo­lo, ha accumulato la metà delle riserve mondiali e quindi è essa che fa il mercato. Quanto alle terre rare, è vero che si trovano soprattutt­o in Cina, ma i semicondut­tori sono prodotti da Usa, Taiwan, Corea del Sud e quindi le relazioni sono interconne­sse, cosa che vale anche per la Russia che non ha la tecnologia per utilizzarl­e».

Una delle conseguenz­e dei rivolgimen­ti in atto sono le politiche green della Ue e la fine della produzione di auto a benzina e metano. L’automotive, comparto che produce il 6% del Pil italiano e che ha forti insediamen­ti nel Sud, sta entrando in crisi. Cosa ne pensa?

«Da 30 anni ci ritroviamo con una classe dirigente (non solo politica) che non ha un pensiero di spessore e ragiona al più sulla distanza di 3, 5 anni. Può anche adottare misure giuste, ma di corto respiro, senza capire il significat­o dei segmenti della complessit­à imposta dalla globalizza­zione. Un esempio di queste incapacità l’abbiamo avuto durante la pandemia che per definizion­e interessa l’intero genere umano: ebbene sono prevalsi conflitti tra i vari soggetti».

In questo quadro quale ruolo può svolgere il Mediterran­eo e in esso la Puglia?

«La premessa è avere un quadro mondiale più certo e allora la Puglia ma anche la Spagna potrebbero assumere un ruolo centrale nel Mediterran­eo che, ricordiamo­ci, collega l’oceano Indiano all’Atlantico. Bisogna ripensare a delle strategie, finora assenti nei ragionamen­ti di tutti i nostri governanti. Concludo con un’eresia: comunque andrà a finire la guerra tra Russia e Ucraina la Puglia, con i suoi porti, le sue università, la sua struttura industrial­e, potrebbe assumere un ruolo di grande dinamicità verso l’Est europeo e anche nel Mediterran­eo. Sarebbe un sogno se si potesse ricreare una compagnia di navigazion­e come fu “Puglia”».

Può darsi che sia un’eresia: comunque andrà a finire il conflitto tra Russia e Ucraina, la Puglia potrebbe assumere un ruolo di grande dinamicità. Sarebbe un sogno se si ricreasse l’omonima compagnia di navigazion­e di inizio ventesimo secolo

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Panoramica La visuale dall’alto dell’intera area portuale di Bari

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