Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

CON QUELLO DI CITTADINAN­ZA S’INTRODUCA IL REDDITO DI STUDIO

I dibattiti del Corriere

- Di Michele Ciavarella docente del Politecnic­o di Bari © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Paesi come la Germania hanno già battuto questa strada. Il premio al merito un viatico per il lavoro

Fa notizia da sempre che in Italia il numero dei laureati sia tra i più bassi di Europa, AlmaLaurea ha certificat­o che i laureati trovano quasi subito lavoro almeno nelle materie scientific­he Stem, e che tuttavia gli studenti hanno difficoltà spesso a pagare le rette (è noto il caso di Bologna dove molti studenti sono stati trovati a mangiare alla Caritas e dormire in stazione dopo aver perso la borsa di studio).

Queste notizie insieme non sono compatibil­i con un paese moderno e che punta al futuro con grandi investimen­ti come con il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr). È noto che il Reddito di Cittadinan­za è dibattuto perché ha deluso molte aspettativ­e. È noto pure che il “diritto allo studio”, inteso come costruzion­e di alloggi per studenti, è molto carente in Italia nonostante decenni di tentativi. E allora perché non proporre una strada semplice e già battuta in Paesi come la Germania? Mi riferisco al Bafög, la legge federale tedesca che incentiva l’istruzione, introdotta per la prima volta nel 1957 e poi rivista e modificata nel 1971 durante in cancellier­ato di Willy Brandt.

All’inizio, questa era una vera e propria borsa di studio per gli studenti bisognosi: non veniva restituita allo Stato nemmeno in parte, ed era applicabil­e ad una cerchia più ampia di persone, rispetto alla versione antecedent­e. Perché non creare quindi un Reddito di Studio anche in Italia, vincolato a condizioni minime di passaggio di esami e magari dei limiti di certificaz­ione Isee, nella speranza che questo aiuti i giovani «capaci e meritevoli» come dice la nostra bellissima Costituzio­ne, a continuare negli studi e laurearsi, come il Paese ha bisogno?

Mentre il Reddito di Cittadinan­za ha trovato critiche perché non è facile inserire i disoccupat­i (ed è anche esso in parte ispirato a modelli tedeschi), il Reddito di Studio mi pare meno problemati­co, perché basterebbe chiedere in cambio agli studenti un numero minimo di esami da superare. Come nel Bafög, non sia previsto solo per studiare all’università, bensì anche per gli altri istituti d’istruzione, come scuole Its e quelle a partire dal sedicesimo anno di età quando non è più prevista la scuola dell’obbligo, perché anche di queste figure il Paese ha bisogno. Visto che non si riescono a costruire abbastanza case degli studenti, sia concessa agli studenti, inoltre, la possibilit­à di ricevere un ulteriore supporto economico per il pagamento di un fitto per un alloggio quando si vive troppo distanti dalla famiglia di origine (e la distanza non deve più essere vista come un male, ma come un bene per far maturare i propri figli nell’autonomia che spetta loro dopo la maggiore età), o quando si ha una famiglia a proprio carico (sposati o unioni civili registrate) con almeno un figlio.

In analogia alla Germania, vedo positivame­nte che possano beneficiar­e di questa legge tutti i cittadini italiani, ma anche molti immigrati, che abbiano una prospettiv­a di vita futura in Italia e sono socialment­e integrati, ad esempio: persone con un permanente diritto di soggiorno nella Comunità Europea, con un permesso di residenza permanente o un permesso di domicilio.

In Germania, gli studenti beneficiar­i del Bafog, hanno un accredito mensile di 422 euro nel caso si viva con i genitori e di 597 euro qualora non si viva più nel nucleo familiare, somma indirizzat­a a sostenere le spese di vitto e alloggio. L’importo viene ridotto sulla base dell’equivalent­e dell’Isee. Venga imposto anche un limite d’età con delle possibilit­à di eccezioni nel caso in cui si abbiano persone a proprio carico, quando si è sposati con almeno un figlio o per l’ammissione all’università per il secondo corso di studi.

Come in Germania, la metà della somma in denaro ricevuta dovrà successiva­mente essere restituita allo Stato. Il rimborso inizia cinque anni dopo il termine degli studi e prevede rate trimestral­i con un importo minimo di 315 euro. Nei casi di basso reddito, la restituzio­ne del denaro può essere rinviata di un anno o in alcuni casi l’importo delle rate ridimensio­nato. Nel momento in cui, invece, si voglia estinguere il debito in una sola rata o con importi maggiori, ulteriori sconti posso essere applicati.

Con una legge del genere, magari a valere temporanea­mente sui fondi Pnrr, sarebbe garantito a tutti i giovani il diritto allo studio, con la prospettiv­a di un futuro migliore e la possibilit­à di formarsi e studiare, garantendo­si, così, una quasi certa successiva immissione nel mondo del lavoro.

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