Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
«La mia Cenerentola pop divertente e disturbante»
Emma Dante riprende al Petruzzelli lo storico allestimento (Roma, 2016) dell’opera di Rossini: fu la sua prima regia lirica
L’opera è buffa (ma non troppo) con Emma Dante, che da domani presenta al Petruzzelli la «sua» Cenerentola di Rossini con cui nel 2016 debuttò nel repertorio comico al Teatro dell’Opera di Roma. «Ho sempre amato le fiabe, e allora accettai molto volentieri di affrontare per la prima volta un dramma giocoso», racconta la regista siciliana, artista di culto che una decina d’anni fa portò da Parigi a Bari il grand-opéra La muette de Portici di Auber. «Ho subito trovato stimolante l’idea di confrontarmi con i ritmi forsennati di Rossini e i risvolti comici del suo teatro. E devo dire - prosegue - che mi sono molto divertita a mantenere gli aspetti fiabeschi dell’opera, a partire dalla carrozza: mi sembrava utile a condurre lo spettatore nel mondo fatato del libretto. Un mondo che nasconde, però, dei brutti segreti. Perché, come al solito, i panni sporchi si lavano in famiglia».
A cosa si riferisce?
«Alle botte che sicuramente Cenerentola ha preso dal patrigno e dalle sorellastre e che lascio immaginare durante un temporale. Qui siamo di fronte a una ragazzina violentata non solo psicologicamente. La lettura è scomoda, ma ci aiuta a raccontare tremende verità».
Insomma, una Cenerentola molto vicina alle donne sottomesse dei suoi spettacoli teatrali.
«Per questo ho accettato di curarne la regia: sentivo l’opera molto vicina alla mia sensibilità».
Un po’ com’era accaduto con La muette de Portici?
«Lì c’è una donna sedotta da un potente, un personaggio che peraltro non canta, pur essendo la protagonista di un’opera lirica: un invito a nozze per me. Cenerentola è, invece, tormentata nel suo ambiente domestico, defraudata delle sue cose, cacciata dalla sua stanza, costretta a rigovernare la casa come una schiava, vittima della prepotenza e della sopraffazione».
Rossini l’affascina per essere stato un compositore trasgressivo?
«Osava sempre, non solo nel repertorio comico, anche in quello serio. E, infatti, mi piace molto anche il Rossini un po’ depresso degli ultimi anni. Ma le sue opere bisogna saperle leggere in profondità: viste in superficie rischiano di risultare anacronistiche. Sotto sotto c’è sempre un segreto che richiama la nostra contemporaneità, come in Cenerentola, storia di una ragazza alla quale sono stati estirpati i diritti da una famiglia di borghesucci “arrinisciuti”, come si dice dalle mie parti».
Da dove ha tratto ispirazione per l’ambientazione pop dello spettacolo?
«Dal surrealismo americano, soprattutto quello del pittore Ray Caesar, dai colori acidi dei suoi quadri, dal turchese, dal rosa. L’obiettivo è divertire lo spettatore, ma aggiungendo delle pennellate disturbanti».
Come mettere delle armi in mano alle ragazze invitate al ballo?
«La scena è tragica e comica al tempo stesso, perché con quelle armi si compie un suicidio collettivo. Rifiutate dal principe, le fanciulle decidono di farla finita. E si ammazzano».
La scena del ballo è tragicomica: il suicidio collettivo delle fanciulle «rifiutate» dal principe
Vittime del loro narcisismo?
«Del loro arrivismo. Detta così, la scena potrà apparire anche un po’ violenta, ma in realtà rimane sullo sfondo. E a quelle ragazze voglio dire: chi se ne frega se il principe non ti sceglie. Sei tu che scegli». Rossini cosa avrebbe detto? «A Rossini la scena sarebbe piaciuta».
Accettai la messa in scena perché sentivo l’opera molto vicina alla mia sensibilità